Lo schiaffo, i documenti, le nozze combinate: in Aula gli orrori su Sana Chema

Davanti alla Corte d’Assise di Brescia per l’omicidio di Sana Cheema, uccisa dal padre e dal fratello in Pakistan per aver detto no alle nozze combinate, i pm hanno citato tra i testimoni da sentire oltre le amiche anche gli ufficiali di polizia giudiziaria pakistani

Il processo davanti alla Corte d'Assise di Brescia per l'omicidio di Sana Cheema può iniziare anche senza la presenza degli imputati che sono all'estero
Il processo davanti alla Corte d'Assise di Brescia per l'omicidio di Sana Cheema può iniziare anche senza la presenza degli imputati che sono all'estero

Davanti alla Corte d’Assise di Brescia nel processo per l’omicidio di Sana Cheema, che gli investigatori italiani ritengono essere stata uccisa dal padre e dal fratello in Pakistan per aver detto no alle nozze combinate, sono stati sentiti amici e parenti, mentre i pm hanno citato anche gli ufficiali di polizia giudiziaria pakistani, gli stessi che avevano indagato in Pakistan, oltre al medico legale pakistano che aveva effettuato l’autopsia dalla quale emerse che la vittima è morta con l’osso del collo spezzato. Il padre e il fratello di Sana, deceduta nell’aprile del 2018 a 25 anni, erano stati assolti in patria per insufficienza di prove. Ma in Italia i due uomini non si sono mai presentati in aula per rispondere di omicidio.

Le amiche: "Non voleva un matrimonio combinato"

Tra i testimoni anche Alfonso Iadevaia, ex dirigente della Squadra Mobile di Brescia, che ha ricostruito: “Il padre negli ultimi mesi prima del delitto insisteva sul voler fare conoscere alla figlia uomini pakistani“. Particolare poi confermato in Tribunale anche da un'amica di Sana, Olga. “Mi ha detto che una volta, durante un litigio, ha preso uno schiaffo dal padre - ha confermato -: lei non aveva intenzione di sposarsi con chi non voleva. Dal Pakistan mi diceva che non riusciva a tornare e che suo papà voleva farla sposare, le aveva preso i documenti“. Anche Veronica, altra amica di sana, ha confermato il particolare del matrimonio combinato rifiutato: “Non voleva un matrimonio combinato, voleva casa sua e fare una sua famiglia“.

I legali dei parenti: "È stata una disgrazia"

È stata una disgrazia, Sana è morta per un malore: mangiava poco e il suo cuore non ha retto“, si erano difesi nell’immediatezza dei fatti i parenti che hanno protetto padre e fratello. Nella prima udienza Mustafa Cheema, 54 anni, e il primogenito Adnan, 34, sono stati rappresentati solo dagli avvocati italiani che hanno sollevato un'eccezione sottolineando che gli assistiti “non sono a conoscenza del processo a loro carico se non perché lo hanno letto o sentito“.

Il presidente della corte Roberto Spanò rivolgendosi al difensore del padre e del fratello di Sana Cheema ha ricordato: “Non ci piacciono i processi senza gli imputati. Ricordo che c’è un impegno della Procura e anche del collegio: se vengono in Italia non sarà in alcun modo disposta misura cautelare nei loro confronti“.

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