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"In piazza coi palestinesi". L'ennesima contraddizione delle stra-femministe

Le femministe e i sostenitori della comunità arcobaleno in piazza al fianco di Hamas. Forse non sanno che in Palestina gay e donne non hanno molti diritti?

Donna alla manifestazione per la Palestina di Torino - Immagine di repertorio
Donna alla manifestazione per la Palestina di Torino - Immagine di repertorio
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Il cortocircuito a sinistra sulla guerra tra Israele e Palestina inizia a mostrare il vero volto dell'associazionismo rosso. In tutto il mondo, gli stessi che si stracciano le vesti per i diritti della comunità Lgbtq+, oggi scendono in piazza per manifestare a favore della Palestina, dove, almeno a Gaza, l'omosessualità è illegale. Senza spendere una parola di condanna per Hamas, organizzazione di estremismo islamico che pedina le persone gay. E lo fanno senza la minima remora o il minimo ripensamento, forse perché totalmente inconsapevoli di ciò per il quale protestano.

Lo dimostrano le femministe integraliste di Non una di meno, che per promuovere la manifestazione in corso di organizzazione a Bologna il 28 e il 29 ottobre fanno un enorme minestrone, mischiando la vicinanza alla comunità Lgbtq (più qualche altra lettera) con quella alla Palestina.

Non i civili israeliani massacrati da Hamas con un'azione terroristica su larga scala, ma solo i palestinesi. La contraddizione di quest'organizzazione potrebbe fermarsi qui, perché a combattere per i diritti civili e per la pace, ma solo quando questa si configura su un terreno allineato alla propria ideologia è davvero troppo facile. Nel loro manifesto di nove pagine, e qualcuno dovrebbe suggerire loro un riassunto, anche solo per ragioni di marketing, nella prima pagina sono concentrate tutte le contraddizioni possibili in relazione al supporto che molte organizzazioni danno oggi alla Palestina.

"Siamo persone lesbiche, gay, bisessuali, trans e non binarie, queer, intersex, asessuali e aromantiche, pansessuali, poliamorose, kinky", si legge in un passaggio del manifesto. Che poi prosegue: "La nostra piazza orgogliosa e resistente sarà l'occasione per far sentire forte la nostra voce, per denunciare le oppressioni quotidiane che viviamo ed essere al fianco del popolo palestinese". Tralasciando la discriminazione, che le stesse organizzazioni che dicono di essere contrarie a ogni discriminazione fanno tra popolo palestinese e israeliano, verrebbe da chiedersi perché non provano a effettuare queste manifestazioni in Palestina.

I palestinesi della comunità rainbow, fino a pochi giorni fa, passavano il confine con Israele per chiedere asilo contro le persecuzioni inflitte loro da Hamas. Contro le violenze perpetrate nei confronti degli omosessuali.

E le femministe di Non una di meno che si schierano al fianco dei palestinesi, senza dire una parola contro il movimento islamista o per il popolo israeliano, forse non sanno che le donne vivono soggiogate dal regime di Hamas in nome della legge islamica. Questa è la variegata e ipocrita composizione dei cortei che oggi sfilano sotto le bandiere palestinesi. Gli stessi cortei che diventano propaganda per Hamas.

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