
Nicola Pietrangeli, 91 anni, l’ex campione di tennis di cui l’Italia va orgogliosa, in queste ore terribili sta forse riflettendo su quanto sia drammaticamente vera la frase: «Un genitore non dovrebbe mai seppellire il proprio figlio»; sentimento comune che riflette l’angoscia incolmabile di un padre o una madre che sopravvivono al loro figlio.
A Nicola Pietrangeli (ricoverato in questi giorni per accertamenti al Gemelli dove ha appreso della morte del figlio) il destino ha riservato invece questo paradosso esistenziale che graffia l’anima. Ieri a Roma si è spento infatti Giorgio Pietrangeli, 59 anni, uno dei tre figli che la leggenda della racchetta ha avuto dalla moglie Susanna Artero deceduta l’anno scorso. Giorgio era malato da tempo. Sapeva che non ce l’avrebbe fatta. Era preparato. E così anche i suoi cari. Ma questo non lenisce certo lo strazio di chi voleva bene (ed erano tanti) a Giorgio. La Federtennis con un comunicato ha ricordato che «Giorgio è stato uno dei primi campioni italiani di surf negli anni Ottanta: ha partecipato con la Nazionale ai Mondiali del 1988 a Portorico e agli Europei in Portogallo l'anno successivo. Nel 1985 ha partecipato agli Europei di Forte dei Marmi, nel 1989 ha vinto il Campionato Italiano di Viareggio».
Insomma, un talento dello sport, in questo aveva preso dal padre. Giorgio lascia moglie Carola e tre figli: una famiglia unita, che ha sempre vissuto in simbiosi con Giorgio nonostanti i suoi impegni professionali lo portassero spesso lontano da casa. Giorgio si era raccontato senza remore in un'intervista alla Gazzetta dello Sport nel 2022, dove aveva parlato del bello («il mare, la passione per la cucina, gli amici, i viaggi») e del brutto (la malattia «rivelatasi dopo una caduta dalla bici»).
«Dalla tac ho scoperto di avere in testa qualcosa che non doveva esserci raccontò tre anni fa -. Mi stavo allenando per i mondiali di surf master (poi rimandati a causa della pandemia). Così, sono rientrato subito in Italia e mi sono operato». E poi: «Ero già in piedi il giorno dopo l’operazione. Cmminavo tra i vari piani dell’ospedale a piedi, anche per non stare in contatto con nessuno per via del Covid-19.
Poco dopo l’operazione (con la testa fasciata e un bel po’ di cerotti) sono tornato in acqua insieme a Roberto D’Amico (pluricampione di surf) e con l’applauso generale dei ragazzi. Che emozione!».Il peggio sembrava superato. Non era così. Il male è tornato a bussare alla sua porta. Silenzioso. Lasciando il vuoto dietro di sé.