Il pressappochismo scolpito nel marmo

Troppo spazio prima e dopo la lettera A, che finisce per apparire come un corpo estraneo nel nome del Pontefice

Il pressappochismo scolpito nel marmo
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«Èscolpito nel marmo», si dice per definire qualcosa di immortale. E scolpito nel marmo, e quindi destinato a durare assai, è lo strafalcione commesso dagli scalpellini che hanno inciso il nome di Papa Francesco sulla sua tomba in Santa Maria Maggiore. Uno strafalcione non ortografico ma, per così dire, grafico: assai vistoso. Le lettere che compongono il nome di Franciscus appaiono allineate in modo asimmetrico, gli spazi disomogenei. Benché la morte e la sepoltura di Bergoglio abbiano sollevato temi di ben maggiore importanza, il pasticcio della lapide sta animando da ore il dibattito sia tra gli utenti del web (che come al solito parlano prevalentemente a vanvera) che tra gli addetti ai lavori. E sono soprattutto gli specialisti del ramo a mostrarsi increduli di fronte al pasticcio.

Non c’è giallo, non c’è complotto. C’è solo la dolorosa conferma, come rimarca qualcuno, della vecchia massima: «non c’è lavoro così semplice che non possa essere fatto male».

La preparazione dell’ultima dimora di Bergoglio era iniziata già all’indomani della scomparsa, seguendo le precise indicazioni lasciate dal Papa: il luogo, la nuda terra, la semplicità. E solo il nome: «Franciscus». Qualche preoccupazione era iniziata a circolare già prima dei funerali, perché era stata divulgata una foto della lapide (più esattamente, della pietra sepolcrale) semilavorata: le lettere vi apparivano assai chiare, ai limiti della leggibilità. Poi il Papa è stato sepolto, è iniziata la sfilata dei fedeli a Santa Maria Maggiore, e si è scoperto che invece i caratteri si vedevano benone, ma che forse sarebbe stato meglio di no: perché si vedeva altrettanto bene che qualcosa non quagliava. Troppo spazio prima e dopo la lettera A, che finisce per apparire come un corpo estraneo nel nome del Pontefice.

Ferve il dibattito: come è stato possibile? Buona parte della colpa pare ce l’abbia il carattere prescelto: un Romanico, discendente diretto della Epigrafica lapidaria classica, e che ha tra i suoi eredi più noti il Times New Roman. È un carattere aggraziato, ma con degli ingombri rigidi, da calibrare con attenzione. Nell’incisione sulla tomba del Papa, come spiega intervenendo nella discussione il grafico Mario Marini, le lettere sono distanziate tutte ugualmente: ma «la A maiuscola, avendo due slopes (due lati obliqui) ci dà la percezione di essere distanziata dalle altre lettere (succederebbe la stessa cosa con la lettera V). Quindi sarebbe stata premura (professionalità) da parte del grafico, dopo che la scritta è stata generata, di avvicinare FR e NCISCUS alla A». Si tratta di un problema ben noto ai grafici, che infatti si avvalgono di programmi di crenatura, detti anche di kerning, per ovviare al difetto.

Invece qui qualcuno ha disegnato al computer la scritta e l’ha passata così com’era allo scalpellino: anche se c’è chi ipotizza che il lavoro sia stato fatto meccanicamente, e la

crenatura non sia stata fatta per non indebolire i caratteri.

Dopodiché, un altro addetto ai lavori racconta: «Far rispettare ai marmisti le corrette distanze è un impegno spesso sfiancante». E stavolta bisognava fare in fretta.

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