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Lo strano caso di Giulio Occhionero: perché non si presenta al processo?

Mentre a Perugia si svolge un singolare processo a carico del tecnico Federico Ramondino, che per primo ha messo gli inquirenti sulle tracce dei fratelli Occhionero, il protagonista di questa vicenda, Giulio Occhionero, parte civile e motore dell'inchiesta perugina, non si presenta in aula per tre volte e resta ad Abu Dhabi

Lo strano caso di Giulio Occhionero: perché non si presenta al processo?

Ci sono storie che si prestano a diversi piani di lettura. Storie che alimentano teorie complottistiche a causa dei soggetti coinvolti. Storie che per un certo lasso di tempo sembrano imporsi all’attenzione pubblica per poi scomparire dai radar, quasi non fossero mai esistite. La vicenda che ha visto protagonisti Giulio e Francesca Maria Occhionero è una di queste.

Quando nel 2017 il loro nome venne alla ribalta, sembrò aprirsi uno scenario degno di un romanzo noir. Lui ingegnere nucleare, lei laureata in chimica e con doppia cittadinanza, italiana e statunitense. Improvvisamente finirono al centro di un intrigo internazionale. Un’inchiesta condotta dalla magistratura romana, infatti, ricondusse a Giulio Occhionero la paternità di un malware denominato Eye Pyramid che, nell’arco di un decennio, aveva infettato un numero gigantesco di computer esfiltrando una mole di dati difficilmente quantificabile. Tra i soggetti hackerati, molti professionisti di diversi settori – dall’imprenditoria edile, all’avvocatura, passando per alti prelati e docenti universitari – ma, soprattutto, uomini e donne inseriti in contesti altamente a rischio per il Sistema Paese: dipendenti ministeriali, dipendenti di Eni, Enav, del Porto di Taranto, di Allianz Bank, di Finmeccanica.

Ma se l’inchiesta – sfociata in due condanne di primo grado da cinque anni per Giulio e quattro anni per Francesca Maria – ha certificato la paternità del virus informatico e la portata dell’operazione di hacking, lambendo il vasto panorama di aziende riconducibili ai due fratelli, una domanda, la principale, è rimasta inevasa: che fine hanno fatto tutti i dati esfiltrati?

Giova ricordare che i server degli Occhionero si trovavano negli Stati Uniti e furono sequestrati dall’Fbi, che per un certo periodo ha collaborato all’inchiesta della Procura di Roma. Ma da quel momento, di questo enorme patrimonio informativo non si è più saputo nulla. Allo stesso modo, quella che possiamo indicare come la più grande e longeva operazione di cyberspionaggio conosciuta in Italia, è scivolata ai margini delle cronache, fino a scomparire del tutto. Almeno fino ad oggi.

Un processo in sordina

ilGiornale.it torna ad occuparsi della vicenda e lo fa affidandosi alle carte e alle testimonianze dei protagonisti, con uno sguardo inevitabilmente più allargato di quanto non potessero avere i colleghi nel 2017, anno in cui la vicenda ha avuto ampia ma brevissima eco.

Nello specifico, quello che stiamo facendo è seguire il processo iniziato nel 2022 che si sta svolgendo a Perugia nella sostanziale indifferenza mediatica. Un processo che presenta alcune peculiarità che meritano di essere analizzate. Intanto, perché Perugia? E chi siede sul banco degli imputati se i fratelli Occhionero stanno aspettando il processo di Appello a Roma? Lo spin-off di questa storia comincia nel 2018.

Giulio e Francesca Maria Occhionero, una volta usciti dal carcere, iniziano a professare la propria innocenza ovunque venga loro dato spazio. Interviste su giornali, alcune televisioni, post sui social network. Passa il messaggio – accolto a volte tiepidamente, altre volte con più entusiasmo a seconda del giornalista di turno – che i due siano rimasti incastrati in un ingranaggio diabolico, un complotto internazionale che si lega al cosiddetto Russiagate, lo scandalo che proprio in quel periodo investiva il neo-presidente degli Usa Donald Trump, sospettato di essere legato all’intelligence russa.

Vicini ad ambienti repubblicani d’oltreoceano, i fratelli Occhionero lamentarono una presunta persecuzione ai loro danni e denunciarono di alcuni abusi il magistrato che stava indagando su di loro – Eugenio Albamonte -, l’allora direttore del Cnaipic Ivano Gabrielli, e il tecnico di una società di cybersecurity cui la procura e il Cnaipic si erano rivolti per fare luce sulla natura del malware Eye Pyramid, Federico Ramondino, direttore della Mentat Solutions Srl.

Essendo dunque coinvolto un magistrato della Procura di Roma, per competenza la palla è passata ai magistrati della Procura di Perugia. A partire dal settembre 2022, di fronte al giudice Sonia Grassi e all’accusa, rappresentata dalla pm Gemma Miliani (nome divenuto poi noto a seguito della vicenda che ha visto coinvolto Luca Palamara, ndr), con i fratelli Occhionero in veste di parte civile, sono sfilati coloro che hanno avuto il merito di neutralizzare il malware Eye Pyramid.

La solitudine dell'hacker

Peccato che sin da subito – e qui sta la prima peculiarità di questo processo – l’unico a doversi difendere sia rimasto il soggetto più “debole” di questa vicenda: Federico Ramondino. Il tecnico Mentat è rimasto a sua volta incastrato in un ingranaggio più grande di lui. Nonostante gli incarichi ufficiali e riscontrabili conferiti negli anni da enti come Eni ed Enav, nonché da parte della Procura di Roma e del Cnaipic, Ramondino deve oggi difendersi da una serie di accuse molto pesanti, che passano da accesso abusivo a sistema informatico, alla detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici. Insomma, nonostante le molte – e illustri – testimonianze in suo favore, l’impressione che abbiamo tratto dal seguire questo processo è che Ramondino sia stato sostanzialmente scaricato e, tra le altre cose, non si capisce bene il motivo per cui – nonostante le richieste del suo legale di spostare il processo a Roma, visto che il dottor Albamonte è stato prosciolto in udienza preliminare perché il fatto non sussiste – tutto stia ancora avvenendo a Perugia.

A destare ancora più confusione è anche il dietrofront dell’agente dell’Fbi Kieran Ramsey, agente speciale di stanza a Roma che ha collaborato alle indagini del Cnaipic. Scartando una possibile testimonianza in aula, l’Fbi ha infatti lasciato che il caso venisse discusso senza il loro contributo.

Il grande assente

Ma le peculiarità di questo processo non terminano certo qui. L’aspetto senz’altro più curioso il comportamento di Giulio Occhionero. A differenza di sua sorella, che l’11 novembre 2022 si è presentata a testimoniare e ha risposto alle domande del giudice e della pm, Giulio Occhionero non si è mai presentato in aula, nonostante sia, insieme alla sorella, parte civile e nonostante tutta la vicenda abbia preso avvio da una sua denuncia.

Le occasioni perse – con l’udienza del 19 luglio 2023 – sono ormai tre. E con buona probabilità diventeranno quattro con l’udienza fissata il 22 novembre 2023.

Ma per quale motivo Giulio Occhionero non si presenta a Perugia? Secondo un’istanza presentata dai suoi legali – Stefano Parretta e Roberto Bottacchiari – l’ingegner Occhionero sarebbe impedito da questioni lavorative. Per questo, hanno chiesto per il loro assistito la possibilità di essere audito da remoto, come consente la riforma Cartabia.

Dopo la scarcerazione, infatti, Giulio Occhionero ha deciso di rifarsi una vita nella calda Abu Dhabi, dove ricopre il ruolo di analista per una banca araba. Scopriremo nella prossima puntata di questa inchiesta che il suo attuale luogo di residenza rientra in una curiosa coincidenza che riteniamo degna di approfondimento. Ma torniamo all’udienza del 19 luglio scorso.

In questa occasione, il giudice Sonia Grassi ha cassato l’istanza degli avvocati di parte civile sostenendo che i motivi di lavoro non legittimano l’assenza dell’ingegner Occhionero, aggiungendo che esistono mezzi di trasporto adeguati per rientrare in Italia e presentarsi in aula a Perugia. A questo, il giudice ha anche evidenziato la difficoltà oggettiva dell’audire in un contesto adeguato – che garantisca la genuinità della testimonianza – Giulio Occhionero, in quanto si tratta di una questione che lei stessa ha definito “delicata”.

Il regalo di Natale

Non dello stesso avviso sembra essere la pm Miliani, la quale si è definita “in astratto favorevole” all’audizione a distanza della parte civile. Ad ogni modo, l’audizione – stando alla decisione del giudice Grassi, che ha condiviso in pieno le osservazioni della difesa di Ramondino – deve avvenire in presenza e questo dovrebbe accadere non il 22 novembre, quando sarà ascoltato il consulente tecnico d’ufficio, ingegner Giovanni Nazzaro, ma il 20 dicembre quando – come auspicato dal giudice – Giulio Occhionero rientrerà in Italia per le feste comandante.

“Ci fanno il regalo di Natale”, ha commentato con una punta di ironia il legale di Federico Ramondino, l'avvocato Mario Bernardo. Ma ironia a parte, ci ricolleghiamo alle considerazioni del giudice Grassi e, a nostra volta, ci domandiamo per quale motivo Giulio Occhionero sia così apparentemente poco interessato a un processo che ha contribuito in modo determinante a far iniziare.

Non è lui, infatti, quello che più di tutti vuole fare luce su questa vicenda, come fortemente sostenuto di fronte ai microfoni di Antonello Nicosia, conduttore del programma Mezz’ora d’aria in onda su Aracne tv, oggi condannato in primo grado a 15 anni di carcere per associazione mafiosa?

Cercheremo di chiederlo direttamente a lui, altrimenti attenderemo il 20 dicembre, sperando che stavolta Giulio Occhionero si presenti.

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