
La domanda è: cosa vuole dire, non avendo il coraggio o le prove per farlo, l’avvocato di Andrea Sempio? Ieri Massimo Lovati aveva rilasciato un’intervista a Repubblica per adombrare l’ipotesi (un “sogno”, l’ha definito) che il delitto di Chiara Poggi sia legato in qualche modo a una storia sul Santuario della Bozzola, una vicenda di esorcismi, presunta pedofilia ed estorsioni. Fatti che accadevano anche “prima”, cioè nel 2007, quando Chiara venne uccisa - secondo l’avvocato - “da un sicario”. Tesi che ha ribadito, con detti e non detti, anche ai microfoni di Quarta Repubblica.
L’avvocato parte da un principio: Alberto Stasi sarebbe innocente, ma starebbe coprendo non si sa bene chi. Questo ovviamente non vuol dire che il colpevole sarebbe Andrea Sempio, come sembra ipotizzare la procura di Pavia, bensì un terzo uomo che forse rispondeva a “mandanti in bianco”. Cioè in ambito ecclesiastico. “Il racconto di Stasi non si verificò mai - dice il legale a Nicola Porro - È infarcito di incertezze, di bugie ed è una menzogna. Bisognava partire da lì per capire se la menzogna di Stasi era indirizzata alla propria incolumità oppure alla copertura di altri soggetti”. Lovati entra nei particolari: “Alberto per venti giorni, prima di essere attinto da un avviso di garanzia, narra di aver telefonato a Chiara, dice di non aver avuto risposta, di essersi insospettito, di essere andato nella villetta di via Pascoli, di aver suonato il campanello, nessuno gli avrebbe risposto e - cosa inverosimile - avrebbe saltato il muretto di due metri, sarebbe entrato, avrebbe aperto la porta e, vista la scena incresciosa di questa povera ragazza, sarebbe scappato immediatamente dal luogo e avrebbe telefonato al 118 dicendo ‘forse hanno ucciso una persona’”. Secondo Lovati sarebbe un racconto “inverosimile”. Quindi? Quindi “Stasi non dice delle bugie per coprire se stesso, ma per coprire i veri mandanti”: "Sotto minaccia ha fatto quelle dichiarazioni", dunque "è una vittima", una "pedina che ha riferito delle menzogne che gli hanno imbeccato".
Chi sarebbero? Mistero. Lovati non lo sa: "Lo dicano i magistrati - si altera in diretta - Lo dicano i pm che non aprono le indagini e lo fanno solo contro chi vogliono loro". Perché “se fosse stata presa in considerazione questa pista le direzione delle indagini potevano essere diverse” e colpire “altre posizioni”. Come quella di chi era coinvolto nel famoso Santuario. L’avvocato ricorda che nel 2013, qualche anno dopo l’omicidio, due rumeni avrebbero tentato una estorsione ai danni dei sacerdoti del santuario: per “tacere su talune circostanze che avrebbero visto” avevano chiesto “altri 250mila euro”. I due vennero arrestati e per Lovati questa vicenda, anche se "cronologicamente non c’entra niente" è "indicativa di qualcosa che effettivamente in quel Santuario succedeva”. Questo non significa che le due vicende siano necessariamente collegate, o forse sì. L'avvocato intende però denunciare le "gravi lacune l'inizio della vicenda", ovvero il non aver indagato se Stasi stesse coprendo qualcun altro.
Sarebbe bastato portare Alberto nella casa e chiedergli di ripetere i suoi presunti passaggi nella casa nel giorno del delitto, cosa che - secondo Lovati - non avvenne mai. E perché un innocente dovrebbe beccarsi 16 anni di carcere per coprire chissà chi? Risposta dell'avvocato: "Meglio in galera che sottoterra come la fidanzata".Fantasie, paradossi o una pista da inseguire?