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"Dall'idea alla messa in onda: ecco come nasce un'inchiesta televisiva"

Alessandra Frigo caporedattrice di Piazzapulita racconta tutto il processo giornalistico su come nasce un servizio, dall'idea al montaggio fino alla messa in onda

"Dall'idea alla messa in onda: ecco come nasce un'inchiesta televisiva"

Di un’inchiesta, in tv si vede solo il risultato finale. Ma per esigenze redazionali o tempistiche di puntata, spesso, buona parte del materiale raccolto sul campo va sacrificato. Alessandra Frigo - per 16 anni storica autrice de Le Iene, ora caporedattore di Piazzapulita - ci ha spiegato come selezionarlo, senza pentirsene, nel lungo processo che porta dall’idea di un servizio alla messa in onda. Alessandra Frigo sarà, insieme ad altri grandi nomi del giornalismo italiano, tra i docenti della nuova masterclass di video giornalismo investigativo di The Newsroom Academy, diretta da Alessandro Politi e organizzata da Il Giornale online e InsideOver.

Cosa c’è dietro un’inchiesta che vediamo in tv?

Un’inchiesta tv è un prodotto estremamente complesso, nel contempo artigianale per la cura e l’attenzione al singolo prodotto, ma anche frutto di un processo produttivo che per certi versi definirei industriale, per la mole di competenze e passaggi e tecnicità che richiede. Si parte con l’individuazione dell’idea iniziale - che ne so, ad esempio un servizio sul cibo del futuro, la farina di grilli e i biscotti di cavallette, possibilità, vantaggi e insidie… e da lì si comincia, con la redazione e con l’inviato che farà l’inchiesta, innanzitutto a studiare l’argomento. Articoli già usciti, studi, servizi sulle tv nazionali e/o stranieri. Si parla con gli esperti. Quando si è sufficientemente preparati si inizia a progettare il pezzo: che scene possiamo girare? Dove? Cosa possiamo mostrare in tv? Chi possiamo intervistare sull’argomento che sia efficace e disponibile e interessante? Non ultimo, quali sono i luoghi produttivamente raggiungibili e cosa è meglio evitare perché troppo impegnativo per costi/tempi? A quel punto l’inviato, stilato il suo piano, parte per girare con il filmmaker.

Arrivati sul campo, come ci si muove?

Quello che porterà al montaggio ovviamente sarà molto diverso da quello che avevamo progettato nel momento dell'ideazione: la traccia iniziale deve essere uno spunto, poi l’inviato sul campo deve avere l’abilità di scoprire le cose, di descriverle, di appassionarsi, di alimentare le sue curiosità e di accendere quelle di chi da casa guarderà, seguendo anche sentieri inaspettati e facendo “virare” il pezzo su altri percorsi rispetto a quelli immaginati all'inizio.

Qual è lo step successivo?

Il passo successivo è appunto montaggio: a volte realizzato dall’inviato, quando ha il tempo di tornare in redazione prima della messa in onda, a volte con l’inviato “da remoto”, se si trova ancora sul campo. L’ideale è che il giornalista responsabile del servizio “scaletti” prima il girato, in modo di arrivare al montaggio con un pezzo già tagliato “su carta”, ma anche questo passaggio non sempre è possibile. Il pezzo al montaggio può assumere mille sfumature, intenzioni, conclusioni diverse.

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Come si individua il dettaglio che stona, e che va scartato, e quello che invece fa la differenza?

Ogni taglio è una scelta e una responsabilità. Incidono molti fattori su cosa tenere o cosa no: il minutaggio a disposizione, la riuscita tecnica di una scena, il gusto estetico, gli elementi narrativi più funzionali al talk in studio…Il perimetro di quello che va tenuto e quello che va tagliato, come sempre, sia che si tratti di giornalismo tv che si tratti di giornalismo scritto, sono i limiti di verità, continenza e pertinenza. Per fare un esempio piccolo e scemo, non posso tagliare la frase di un esperto che dice: “io odio l’idea di mangiare grilli, ma in effetti sono salutari e costituiscono la svolta per il futuro” in modo da fargli dire solo “io odio l’idea di mangiare grilli”, perchè così stravolgerei il suo pensiero.

Che ruolo ha il caporedattore nella “cucina” di un programma televisivo d’inchiesta?

Io sono l’autore responsabile dei servizi che vanno in onda a Piazzapulita, contribuisco a scriverli, a montarli, ad aggiustarli, verifico che vengano trasmessi in modo corretto (sottotitoli giusti, senza errori, con il formato grafico giusto… e così via); dialogo con gli inviati su come costruire i pezzi, li aiuto nel processo di ideazione, inoltre faccio da sponda fra loro, la produzione, il conduttore, nelle varie decisioni - logistiche, legali, autorali … - piccole e grandi che a decine vanno prese prima di poter mettere in onda un pezzo.

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In pratica, a te spetta l’ultima parola sull’inchiesta da mandare in onda.

Nel caso di Piazzapulita l’ultima parola sui pezzi è del conduttore - responsabile del programma. Prima della messa in onda Corrado Formigli vede ogni servizio, il “final cut” è suo, ma poiché questo passaggio avviene quasi sempre da remoto, io sono il braccio armato delle sue indicazioni, nel caso abbia modifiche da chiedere.

Qual è il segreto per tagliare parti di un’inchiesta senza pentirsene?

Buona domanda. Una cosa tagliata non è mai fischiata, vale a teatro come in tv; è difficile pentirsi editorialmente di un taglio. Spesso anzi, quando facciamo riduzioni di servizi già mandati in onda (ad esempio mi capita di preparare una versione di 5 minuti di un pezzo che originariamente ne durava 10) con Formigli diciamo, un po’ scherzando un po’ no, che non esiste pezzo che non possa migliorare subendo una riduzione di almeno un terzo della sua lunghezza. Però quando si tagliano delle scene, dei contenuti, delle interviste, bisogna tener conto di vari elementi: la sensibilità del giornalista che magari su una scena ha lavorato per molto tempo, le aspettative della fonte che magari ti ha dato una notizia in cambio della sua visibilità…

Ti sei mai pentita di un taglio?

I pentimenti più frequenti hanno casomai una natura “legale” o di opportunità: è capitato che protagonisti dei servizi abbiano fatto o minacciato querele o comunque protestato perché il loro pensiero non era a loro avviso adeguatamente rappresentato e una scena in più, una battuta in più, avrebbero evitato molte scocciature successive. Così come si rischia di giocarsi molte fonti e interlocutori se si ritrovano fatti fuori da un pezzo, perché si sono ascoltate più le esigenze di montaggio che quelle di relazione. Ma in televisione è inevitabile che sia così ed è inevitabile farsi nemici e scontentare qualcuno. Se non si è attrezzati per andare contro le persone, per affrontare i conflitti, è decisamente meglio occuparsi di altro.

Questo è un consiglio che elargisco sempre con molta convinzione.

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