La ’ndrangheta voleva preparare il caffè ai giudici in tribunale

Chi erano i misteriosi giovanotti con tanti soldi alle spalle che qualche tempo fa avevano vinto l’appalto per gestire il bar del Palazzo di giustizia? Lo rivelano i documenti allegati all’indagine «Tenacia», sfociata nella grande retata di martedì scorso: uno di loro era il prestanome dei clan di Platì, l’incensurato che si occupava di reinvestire i loro capitali nell’economia pulita. Proprio grazie alla fedina immacolata del prestanome, gli uomini della ’ndrangheta avevano aggirato le normative antimafia e vinto l’appalto, sconfiggendo Autogrill e Chef Express.


Solo alcuni articoli di stampa che segnalavano l’offerta stranamente alta fatta dai due giovanotti, e l’inspiegabilità delle loro fortune, aveva portato a congelare la gara e a impedire che i clan creassero il loro avamposto fin dentro il quartiere generale della giustizia milanese. Ma la passione delle ’ndrine per il business della ristorazione non era venuTa meno: in via De Amicis avevano dato vita allo «Stella Marina», ristorante ma anche base per summit.

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