Nessun passo indietro sul primo maggio. Né da parte del Comune, che conferma lapertura dei negozi. Né da parte dei sindacati, che non revocano il loro sciopero e scenderanno comunque in piazza. E per di più allassessore alle Attività produttive Giovanni Terzi arriva, velato, un messaggio della Cgil, una sorta di invito a non presentarsi in piazza durante la manifestazione di domenica. Ma lui replica: «Ci sarò come ogni anno». Lultimo confronto, quello di ieri, per tentare una mediazione si è concluso con un muro contro muro e a nulla sono serviti gli appelli dellassessore perché lo sciopero generale saltasse. «La vostra è una ripicca che si ripercuote contro la città» ha detto Terzi ai rappresentanti di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil. Ma non cè stata nessuna reazione, se non un inasprimento dei toni della polemica che va avanti da giorni. «Conoscendo lassessore Terzi e le sue motivazioni - interviene il segretari della Cgil Onorio Rosati - non ci aspettavamo nulla di buono e di concreto dallincontro da noi richiesto per senso di responsabilità nei confronti della città». Nella loro protesta, i sindacati non guardano in faccia nessuno: sciopereranno sia a Milano sia a Firenze, dove perfino il sindaco Matteo Renzi (Pd) non può che esternare tutto il suo stupore. «Condivido quello stupore - ribadisce Terzi - Un conto è sedersi intorno a un tavolo per discutere il futuro della città, un altro è puntare a una concertazione spinta che blocchi il meccanismo decisionale del Comune attraverso la minaccia di scioperi».
I sindacati non tengono minimamente conto nemmeno delle richieste degli stessi lavoratori che rappresentano: i commercianti. «Una giornata di lavoro in più non cambia le sorti dei bilanci di questanno» sostengono. Eppure, il primo maggio, in base ai conti fatti dalla Camera di commercio, solo a Milano vale qualcosa come 30 milioni di euro di incassi. Sputaci sopra. In sostanza domani andrà in scena qualcosa di paradossale: da una parte i sindacati che festeggiano i lavoratori chiedendo di non lavorare. Dallaltra i lavoratori stessi, che si auto festeggiano lavorando. «Noi abbiamo fatto unautentica scelta di libertà - spiega Terzi - che lascia la decisione finale agli esercenti dei pubblici esercizi e per nulla ideologica». Cioè: chi vorrà tenere il negozio aperto lo potrà fare, chi preferirà rispettare la ricorrenza del primo maggio sarà liberissimo di non alzare la saracinesca.
A dare la sua «benedizione» alla giornata di lavoro è lo stesso cardinale Dionigi Tettamanzi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.