Gian Marco Chiocci
Si è detto, scritto, letto, praticamente di tutto sul sequestro dellegiziano Abu Omar. Ma sul punto cruciale dellaffaire, ovvero sui contenuti del segreto di stato posto sul rapimento dellimam di Milano (segreto messo dal governo Berlusconi, confermato dallesecutivo Prodi) poco si scrive, poco si legge, dunque poco si sa. Forse perché, ne è convinta la difesa, proprio in quelle carte che i pm di Milano non vogliono «leggere» andando ad ascoltare i politici di governo dentrambi gli schieramenti, potrebbe esserci la prova regina che scagiona il Sismi dalla partecipazione al rapimento targato Cia. Lultimo atto giudiziario recapitato agli imputati riferisce, infatti, della risposta negativa allistanza degli avvocati volta a interrogare, fra gli altri, Silvio Berlusconi e Gianni Letta da un lato, Enrico Micheli e Romano Prodi dallaltra «per riferire - scrivono i legali - dellesistenza di questi documenti ove vi è attestata la contrarietà ferma, espressa dal generale Pollari, circa azioni illegali da svolgersi nel territorio italiano anche di contrasto al terrorismo internazionale».
La richiesta del generale Pollari non è stata accolta dallautorità giudiziaria perché, testuale, «non è necessario svolgere indagini circa lesistenza di imprecisati documenti» che tanto imprecisati, secondo la difesa, invece non sono. Titta Madia, avvocato del deposto capo degli 007 militari, evita di far polemiche ma un interrogativo mirato a dissipare sospetti daccanimenti giudiziari, lo solleva: «Se la procura non svolge indagini su questi benedetti documenti, gli stessi resteranno imprecisati per sempre. O no?». Il ragionamento, elementare, molto probabilmente troverà sfogo solo in dibattimento sempre che linterlocutore di turno, con la toga, accetterà di inoltrarsi fra i meandri imprecisati del segreto di Pulcinella. Certo, anche per limmagine dellintelligence italiana sarebbe stato meglio arrivarci in istruttoria, «ma contiamo di farlo comunque davanti a un giudice», chiosa deciso il difensore. Qui le massime autorità politiche, appartenenti a governi differenti, rischiano di sfilare in serie per rispondere a tre semplici domande. La prima: esistono o no questi benedetti documenti? E se esistono, attestano una precisa condotta del generale nella direzione della contrarietà a qualsiasi azione illegale? Seconda domanda: questi documenti continuano a essere coperti dal segreto di stato? Terza e ultima questione: entrambi i governi hanno obbligato il generale Pollari a non violare il segreto di stato? Perché se se così fosse la posizione dellex direttore del Sismi risulterebbe paradossale oltreché inedita per la storia giudiziaria italiana; da un parte sarebbe vincolato al segreto dallordine ricevuto dalla massima autorità dello Stato (addetta appunto al segreto di Stato); dallaltra avrebbe la magistratura che pur non credendo allesistenza di determinati documenti lo spingerebbe comunque a infischiarsene di quel segreto forte di una sentenza favorevole che fa precedente e che, di conseguenza, lo metterebbe al riparo da una scontata azione penale. «Non è il magistrato che può dare limpunità, ma è lordinamento giuridico, la legge - sbotta lavvocato Madia -. E qualora la violazione del segreto fosse scriminante penalmente, comporterebbe comunque delle conseguenze gravi sotto altri molteplici aspetti».
Allo stato dellarte un solo dato sembra certo e preciso: la situazione è così poco chiara e talmente delicata che ben due governi, dopposta fazione, sono concordi nel dire: ci dispiace tanto, ma su Abu Omar non si deve parlare. E allora, sia che si reputi Pollari un mascalzone o un galantuomo, sia che lo si pensi a capo di una banda di depistatori o al vertice di una struttura efficientissima, il temibile Niccolò qualche problema a difendersi, suo malgrado, sembra averlo. E questo non fa che accentuare la rabbia perché, a suo avviso, la prova dellestraneità dellintelligence italiana nel sequestro «made in Usa» è già nella carte processuali dove non risulta alcun ordine finalizzato a raccogliere più informazioni possibili su Abu Omar, e dove non cè alcuna evidenza di una trasmissione dal Sismi nè al capostazione Cia di Milano nè alla sede di Langley. A ciò vanno aggiunte le dichiarazioni del maresciallo del Ros, Luciano Pironi, unico reo confesso del sequestro, che attraverso le parole dello 007 statunitense Bob Lady ha scagionato il Sismi e inguaiato la Digos.
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