«La completa libertà lasciata al condannato nella gestione di tutti i suoi spazi, abitativi e lavorativi, pare allo stato prematura, pur senza dimenticare il fine pena non lontano», che arriverà il 30 aprile 2013. Così scrivono i giudici del tribunale del Riesame. Ruggero Jucker (nella foto), che quasi dieci anni fa massacrò a coltellate la giovane fidanzata Alenja Bortolotto, resta in carcere. Niente affidamento in prova ai servizi sociali, così come il rampollo di una delle famiglie della Milano-bene aveva domandato nellistanza presentata nelle scorse settimane.
Jucker, oggi 45enne, aveva chiesto di vivere in un appartamento da solo e di svolgere un lavoro di ricerca universitaria nello studio di un professore per due pomeriggi alla settimana e per il resto nelle varie biblioteche della città. Secondo i giudici, non è ancora il momento. E ricordando che Jucker è «affetto da una grave patologia psichiatrica», il collegio presieduto da Beatrice Crosti afferma che nellistanza presentata «non sembra che siano state minimamente considerate quelle cautele idonee a mantenere quella soglia di vigilanza e protezione che si è cercato di garantire» anche attraverso i permessi premio che sono stati concessi allex imprenditore della ristorazione a partire da aprile.
Ancora, il tribunale del Riesame spiega che, nonostante i miglioramenti registrati, nei confronti dellimprenditore è ancora necessario «attuare una vigilanza costante: così ad esempio la possibilità di condividere labitazione con altre persone (un familiare, un amico), la necessità di svolgere un lavoro più tradizionale che possa essere eseguito preferibilmente in un ambiente frequentato da altri con ritmi e orari cadenzati».
Jucker - che sta già usufruendo dei primi permessi per uscire dal carcere - avrebbe dovuto lasciare la cella di Bollate nel luglio del 2018, ma il lcacolo della pena gli ha scontato circa 5 anni e mezzo di detenzione (tre anni di indulto, il resto per «liberazione anticipata», garantita a chi in carcere si comporta bene, pari a tre mesi in meno ogni anno scontato). In primo grado, il 24 ottobre 2003, lex imprendotire evitò lergastolo grazie al rito abbreviato e fu condannato a 30 anni per «omicidio aggravato». Il giudice per le udienze plreminari Guido Salvini, infatti, ritenne laggravante della crudeltà prevalente sulle attenuanti del parziale vizio di mente e del risarcimento del danno alla famiglia della vittima, a cui venne versato 1 milione e 300mila euro.
In secondo grado, il 18 gennaio 2005, la pena venne poi ridotta a 16 anni, grazie alla concessione dellequivalenza tra aggravanti e attenuanti.
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