
La prima volta che posa un piede sull'isola, Norman Douglas ha vent'anni. È la primavera del 1888 e Capri lo conquista in un attimo, per sempre.
Douglas non è ancora uno scrittore, all'epoca: fino a quel momento l'unica sua pubblicazione è un saggio sulle variazioni del piumaggio dei corvidi su The Zoologist e cova ambizioni in ambito diplomatico. Parla inglese e tedesco perché è nato a Thüringen, in Austria (nel 1868), da madre per metà scozzese e per metà tedesca; poi è cresciuto nel castello della famiglia paterna a Tilquhillie, in Scozia, nei dintorni di Aberdeen. Ha già iniziato a studiare l'italiano e il russo; nel 1889 va a Parigi e impara anche il francese. Trascorre due anni e mezzo all'ambasciata britannica di San Pietroburgo, ma il corpo diplomatico non è nel suo destino, a differenza dell'isola dirimpetto al Vesuvio e del resto d'Italia. Nel 1895 Douglas scrive un Resoconto sull'industria della pietra pomice a Lipari per il Foreign Office che ha, come risultato, di contribuire a fare abolire il lavoro minorile sull'isola. Nel 1928, il Resoconto è uno dei primi volumi pubblicati da Nancy Cunard a Parigi con la sua Hours Press.
Douglas gira il mondo ma poi torna sempre lì, nel centro d'Italia: Firenze, Napoli, Sorrento, Capri. È il 1903 quando inizia a scrivere Some Antiquarian Notes e Tiberius: le prime sono una raccolta di "Annotazioni antiquarie" sull'isola che esce per la prima volta nel 1907, il secondo un breve saggio sull'imperatore romano che la scelse come suo ritiro nel 26 d.C., e che viene pubblicato nel 1906. I due testi sono poi pubblicati insieme nel 1930 sotto il titolo Capri: è il volumetto che possiamo leggere oggi, grazie a La nave di Teseo che l'ha appena riportato in libreria, in lingua italiana, a cura di Giuseppe Balducci (pagg. 156, euro 17).
Capri è il primo dei libri che Douglas dedica all'isola: seguono La terra delle Sirene, Vento del Sud, che Graham Greene avrebbe voluto trasformare in un film, Footnote on Capri... In Capri, lo spirito da archeologo è dominante: del resto, come racconta Nancy Cunard nella sua biografia Grand Man. Memories of Norman Douglas (1954), l'amico Norman passa ore fra scavi all'aperto, ricerche alla Biblioteca di Napoli, studi e richieste insistenti di reperti al Museo nazionale. Quest'ultimo è "come un tempo Cariddi - scrive Douglas - Inghiotte tutto - statue, bronzi, quadri, pavimenti - nelle sue fauci voraci: solo con la differenza, che Cariddi (secondo i poeti) li rigetta nuovamente alla luce del giorno; il Museo nazionale, mai". Nel mirino di Douglas c'è però soprattutto quella che definisce l'"archeologia di Cicerone", quella "deliberatamente creata per compiacere i viaggiatori" attraverso "ricostruzioni fantasiose", il cui terreno prediletto è tutto ciò che riguarda Tiberio: "Il Salto di Tiberio, la Sellaria, i Bagni di Tiberio, la villa Giove, villa Giulia... Si suppone che ogni rovina dell'isola fosse un palazzo o una prigione di Tiberio". Ma "queste leggende - punzecchia - risalgono al tempo in cui Capri cominciò a essere visitata dai turisti"...
Douglas non ama le leggende per turisti: ama scavare nella terra, osservare e valutare reperti alla luce delle fonti (che conosce a menadito), analizzare iscrizioni, indagare sugli effetti delle eruzioni e sulla conformazione delle rocce, esaminare la struttura delle meravigliose grotte, studiare i materiali più o meno pregiati, approfondire l'etimologia dei luoghi e degli edifici. Suggerisce l'istituzione di un "museo locale di antichità e curiosità" per la gioia dei trentamila stranieri che ogni anno visitano l'isola e di un'area per la conservazione della flora locale; invita i capresi a saldare il loro debito con un memoriale a Tiberio, che "ha fatto Capri": Tiberio che "su questo isolotto roccioso, sebbene grandioso per via del suo suggestivo isolamento, patetico nella sua vita familiare in rovina e nel suo ambiente disarmonico, e profondamente tragico nel suo tentativo di arginare la crescente ondata di irrazionalismo e di spirito servile che fu presto destinato a travolgere il mondo romano, non è esattamente il tipo di eroe capace di sedurre il pubblico degli spettacoli".
Eppure, Tiberio ha creato un mito, e Douglas lo vive appieno. Nel 1904 fa costruire Villa Dafne (che vende dieci anni dopo) e dopo la Seconda guerra mondiale si trasferisce definitivamente sull'isola. Muore a Capri, nel 1952. Certamente Douglas è un amante totale dell'Italia: nel 1915 pubblica Old Calabria, Vecchia Calabria; poi è costretto a lasciare la Gran Bretagna a causa di uno scandalo sessuale e nei primi anni Venti è a Firenze, dove conosce Pino Orioli, editore di libri rari, che gli insegna l'arte della stampa e incontra Nancy Cunard, che sarà sua amica per tutta la vita. Ma è Capri la sua casa: Capri, "piena di leggende sui tesori", che però "gli indigeni" tengono segrete, per paura che qualcuno sia "capace di sciogliere l'incantesimo e raccogliere il tesoro per sé".
Capri che è "una sorta di Baghdad", dove lo spirito di una antica civiltà continua a soffiare fra le rovine, nutrendo quelle leggende, quelle Mille e una notte che si snodano fra le rocce e il mare, le grotte e il sole, "un mite panteismo" che cattura chi sbarca su questa piccola isola, e non lo lascia più andare. Come una sirena.