Nella domenica senza campionato nei parchi cittadini rispuntano i papà

Sospesi anche gli incontri amatoriali per ricordare l’ispettore ucciso a Catania

Fa male al cuore dei tifosi lo stop del calcio. Senza football la domenica si presenta con un vuoto incolmabile, laddove il tempo veniva occupato dalle partite degli eroi della pedata. Niente fischio d’inizio, moviole, discettazioni sul gol-non gol, Totti e Ledesma per un giorno restano a casa. Stavolta prendono il sopravvento la commozione per la morte di un ispettore di polizia e la rabbia per l’impotenza di fronte a chi mette in scena drammi come quello di Catania. Così riscopriamo ancora una volta che i tifosi, quelli veri, sono in pugno a un nugolo di cani sciolti, gentaglia che ha nulla da perdere e costringe i vertici dello sport italiano a decretare un arresto storico. Se qualcuno voleva conoscere il punto di non ritorno, eccolo servito su un piatto d’argento. Vuoti gli spalti dell’Olimpico, dove ieri avrebbe giocato la Lazio, vuote le tribune dei campi di terza categoria, non si giocano neppure i tornei amatoriali dell’Us Acli e dell’Uisp: diecimila le partite annullate tra gli amatori in questo triste weekend. A chi ama veramente il calcio restano Playstation e Subbuteo. Povera consolazione per chi vive i suoi giorni a pane e pallone e non si spiega perché qualcuno gli ha rotto il giocattolo. Forse è vero che siamo tutti complici di questo malessere, perché non denunciamo i «disgraziati» di turno che innescano gli incidenti e siamo molto più bravi a dimenticare, piuttosto che a ricordare. Tornano alla mente il romanista De Falchi, il piceno Filippini, il genoano Spagnolo, l’avellinese Ercolano, quattro tifosi assassinati e scordati la domenica dopo al primo calcio d’inizio. È per questo che è da condividere la decisione di Luca Pancalli, commissario della Federcalcio che ha deciso questo stop col cuore, senza bisogno di tavoli di concertazione, sordo alle pressioni di un mondo che aveva scavalcato con indifferenza perfino lo tsunami-Calciopoli. E aspettiamo gli sviluppi, consapevoli che le decisioni al vaglio, pur se privano della libertà il tifoso per bene, diventano necessarie. Niente campionati per una, forse due settimane, poi partite a porte chiuse e successivamente niente trasferte quando gli stadi verranno riaperti. Adesso bisogna riflettere, magari in famiglia, come è accaduto ieri. Le strade si sono popolate di ciclisti, e nei parchi c’erano inevitabilmente più uomini del solito. Due calci al pallone con i figli, generalmente affidati alle madri, alle sorelle o alle nonne, perché la domenica del tifoso è sacra. Anzi, era sacra. Tanti hanno scelto la montagna, altri le spiagge più vicine per sfruttare al meglio un’altra giornata primaverile. Affollato il centro storico così come gli outlet di Valmontone e Castel Romano. C’era tanta gente anche all’ippodromo delle Capannelle quando alle 14 e 30 sono stati aperti i cancelli, i ristoranti dei Castelli romani hanno fatto registrare il tutto esaurito e l’afflusso di pubblico nei cinema e nei teatri è stato superiore alla media.

«Sì, è bello vedere la gente per le strade e nei parchi - afferma il presidente dell’Associazione “Quelli del bosco”, Emilio Severoni - ma è triste ricordare il motivo di questa folla, ovvero la morte di quel povero padre di famiglia ucciso in Sicilia. Mi auguro un intervento deciso dello Stato affinché l’ispettore Raciti sia l’ultima vittima dei nostri stadi. Anche lui avrebbe meritato una domenica spensierata come quella di tanti altri papà».

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