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Nella guerra dei Sacri Palazzi il Papa si fida solo di padre Georg

di Una delle conseguenze di «Vatileaks», l’uscita di documenti riservati dalle sacre mura, è che oggi nessuno può sentirsi sicuro del proprio posto all’interno della Santa Sede. Nessuno tranne il Papa, ovviamente, le cui dimissioni non risultano all’ordine del giorno. Le scosse di queste ore, causate dalle fughe di notizie, hanno fatto scricchiolare diversi equilibri e non è scontato che nei prossimi mesi molte posizioni cambino. L’altro ieri, nel pre-concistoro, il cardinale dell’Opus Dei Julián Herranz, grande elettore di Ratzinger, ha chiesto a sorpresa chiarimenti. Lo scontro tra sodaniani e bertoniani resta aperto e l’impressione e che fino al compimento dei 78 anni (in dicembre) del cardinale segretario di stato Tarcisio Bertone tutto possa succedere. Il Papa per il momento predica calma e non vuole mosse affrettate. In futuro chissà.
Di certo c’è un fatto, o meglio una persona con la quale Benedetto XVI, con sempre maggiore convinzione, ha deciso di confrontarsi per prendere le decisioni più importanti. Questa persona si chiama Georg Gänswein ed è il segretario personale del Papa. Tedesco come Ratzinger, riservato e sempre nelle retrovie nei primi anni di pontificato forse anche per marcare una certa distanza dal suo predecessore, e il polacco Stanislaw Dziwisz che nel ruolo di segretario personale di Giovanni Paolo II giocò un ruolo politico considerevole, Gänswein è sempre più il cono di bottiglia attraverso il quale debbono passare coloro che all’interno della curia romana intendono dialogare con il Pontefice. Uno snodo in queste ore decisivo all’interno delle sacre mura, come non è avvenuto in passato.
Ovviamente Papa Ratzinger non è Papa Wojtyla. Quest’ultimo delegava molto del proprio potere di governance a Dziwisz e lasciava che il gruppo di amici polacchi, tra questi la psichiatra Wanda Poltawska, concorressero alla riuscita delle sue missioni e alla realizzazione dei suoi obiettivi. Gänswein e Ingrid Stampa, invece, l’ex governante del cardinale Ratzinger che oggi assieme a Birgit Wansing (entrambe tedesche e appartenenti al movimento spirituale di Schönstatt) danno un loro contributo nella stesura dei testi, non hanno lo stesso grado d’influenza dei rispettivi «predecessori» seppure qualcosa, soprattutto negli ultimi mesi, è cambiato. Gänswein ha giocato un ruolo importante in alcune recenti nomine. Beninteso: non che abbia portato avanti candidati propri, semplicemente ha fatto arrivare all’orecchio del Papa le preferenze di molti. Ha fatto sì, insomma, che Ratzinger fosse informato di tutte le sensibilità in gioco all’interno della curia romana e del collegio cardinalizio in generale. E così ha fatto anche negli ultimi difficili tempi.
Parte della riservatezza tenuta da Gänswein nei primi anni di pontificato era probabilmente dovuta anche a un fatto non secondario. Egli divenne segretario dell’allora cardinale Ratzinger al posto di Joseph Clemens, lo storico segretario dell’attuale Pontefice che lo stesso Ratzinger spinse perché venisse nominato vescovo prima del proprio pensionamento che egli prevedeva sarebbe arrivato presto. Gänswein, quindi, divenne segretario di Ratzinger al posto di Clemens con la chiara idea che di lì a poco l’incarico si sarebbe esaurito. E, invece, l’esito inaspettato del conclave dell’aprile 2005 – Clemens più volte ha detto che non si sarebbe “mai” aspettato l’elezione di Ratzinger – ha cambiato le carte in tavola: Gänswein si è trovato in un ruolo chiave e ha voluto mantenersi, almeno all’inizio, nelle retrovie.
Un profilo memorabile di Gänswein l’ha scritto qualche mese fa sul Guardian l’inviato John Hooper. In un pezzo intitolato «L’uomo che sta dietro il Papa», Hooper ha parlato dell’infanzia di Gänswein nell’«idilliaco ambiente cattolico rurale della Foresta Nera», figlio di un fabbro poi divenuto proprietario di un mercato di macchine agricole. Gänswein negli ultimi mesi ha guadagnato influenza tanto che, secondo Hooper, oggi si espone a non poche «inimicizie». «Ad ogni rifiuto» che è costretto a dare a coloro che chiedono con insistenza un incontro col Papa, Gänswein si fa «un nuovo nemico soprattutto tra coloro che lavorano in Vaticano». E ancora: «Già docente in una università pontificia finanziata dalla teologicamente conservatrice Opus Dei – la Pontificia università di Santa Croce, ndr – Gänswein è stato accusato da alcuni di aver voluto rafforzare il conservatorismo del Papa».

In effetti, anche secondo Hooper, una certa influenza di Gänswein su Ratzinger c’è, ma non tanto sulle linee teologiche del pontificato, quando sulle decisioni pratiche, molte decisive, soprattutto negli ultimi tempi divenuti aspri a motivo di «Vatileaks».

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