Nella soffitta dell’impiegata droga per 6 milioni

Gli investigatori della squadra mobile, che coordinano l’indagine, sono convinti che qualche giorno di carcere potrebbe farla capitolare. La galera rende loquaci, è arcinoto, soprattutto chi non c’è mai stato prima. E, in particolare, se la diretta interessata ha una fedina penale immacolata che rischia di diventare nera corvina perché a casa sua sono stati trovati quasi 70 chili di eroina purissima, valore all’ingrosso tre milioni di euro, al dettaglio oltre il doppio.
La signora in questione, tale Francesca, è un’italiana 40enne, una donna nubile, impiegata in una ditta di Peschiera Borromeo, località alle porte di Milano dove abita con mamma e papà in uno stabile di via della Liberazione. Il palazzo è dignitoso: quattro scale su cinque piani con tre appartamenti per piano in zona Bettola, l’area parallela alla nuova statale Paullese.
I vicini descrivono l’arrestata come una signorina tranquilla, molto riservata, addirittura timida, dall’aspetto dimesso e quasi anonimo, un tipo tutta casa e lavoro insomma. Una donna che non avrebbe mai conosciuto un commissariato e, figuriamoci, mai avuto problemi con la giustizia, insomma. Lunedì all’alba, però, a casa sua è scoppiato il finimondo quando un gruppo di poliziotti del commissariato Lambrate le sono piombati improvvisamente nell’abitazione che divide con i genitori. Erano andati a colpo sicuro? Cercavano la droga? Loro sostengono di no. E raccontano che un informatore - la classica gola profonda senza nome né volto, almeno per i giornalisti - avrebbe confidato che a quell’indirizzo di Peschiera la polizia avrebbe potuto trovare una pistola calibro 7.65 mai denunciata e appartenuta al nonno di Francesca ma ora di proprietà del padre della signorina. Insomma: la giovane donna, almeno fino a quel momento, non c’entrava proprio nulla.
Sempre secondo il racconto degli uomini del commissariato, però, durante la perquisizione dell’abitazione alla ricerca dell’arma - rinvenuta immediatamente e della quale è stata accertata l’omessa denuncia (come aveva precisato la gola profonda) - accidentalmente sarebbe saltata fuori la droga. Mica qualche dose per uno personale, no, ma ben 67 chili di cocaina purissima suddivisa meticolosamente in panetti e nascosta in quattro valigie nel solaio. Un lavoretto da professionisti, insomma. Così, mentre il genitore veniva denunciato per l’omessa denuncia dell’arma, la figlia era ammanettata e portata a San Vittore per la droga. «È tutta roba mia, la mia famiglia non c’entra nulla, sono io la sola responsabile» è l’unica frase che la donna si è ostinata a ripetere, prima di chiudersi nel silenzio.
La squadra mobile è convinta che la signora - visti i suoi innocui trascorsi - non sia avvezza al traffico di stupefacenti, ma stia semplicemente coprendo qualcuno. Nel quartiere Bettola si sussurra si tratti di un albanese con cui la donna aveva da poco allacciato una relazione.

Non esattamente uno stinco di santo, insomma. Che l’avrebbe convinta a custodire la droga. E che adesso, come da copione, è sparito. Questo, però, potrà confermarlo solo lei quando si deciderà a «cantare». Intanto, la polizia non conferma, ma nemmeno smentisce.

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