Roma

Nella villetta una raffineria di cocaina

Oltre 200 litri di cocaina liquida, prodotti chimici e strumenti artigianali per la lavorazione della droga sono stati sequestrati dai carabinieri la notte tra giovedì e venerdì dopo un blitz nella cantina di una villetta a San Cesareo, alle porte di Roma. In manette un romano di 32 anni e un boliviano di 47, mentre una terza persona è ancora ricercata dagli investigatori e una quarta è stata denunciata in stato di libertà. I militari della compagnia di Tivoli hanno fatto irruzione nella villetta sorprendendo i due uomini intenti a preparare lo stupefacente nel seminterrato, adibito a raffineria clandestina. Le accuse sono di introduzione, produzione e spaccio di sostanza stupefacente.
Nella villa nelle campagne di San Cesareo i carabinieri, al comando del capitano Michele Piras, hanno sequestrato i duecento litri di cocaina in stato liquido, in grado di produrre al termine del procedimento di trasformazione circa due chilogrammi e mezzo di «neve bianca». Al momento dell’irruzione la droga era diluita all’interno di alcuni bidoni contenenti acqua e soluzioni chimiche liquide. «Se i carabinieri non fossero intervenuti in tempo - ha spiegato il sostituto procuratore di Tivoli, Maria Gabriella Fazi - la cocaina nel giro di pochi giorni sarebbe stata filtrata, raffinata e introdotta sul mercato».
Proprio il cittadino boliviano, il 47enne V.A.A, è stato il primo a essere catturato dagli uomini dell’arma. Era arrivato in Italia proprio come «esperto», per garantire una perfetta raffinazione della cocaina. Il romano finito in manette è invece il padrone di casa, e insieme al 32enne è stata denunciata sua moglie, una ragazza polacca di appena 21 anni, madre da pochi mesi di una bimba. Perse le tracce al momento dell’unico ancora ricercato: si tratta di C.B., un operaio 58enne calabrese da tempo residente a Roma, che aiutava il colombiano come assistente tutto-fare nel laboratorio artigianale.
Il «chimico» e l’uomo ricercato sono accusati di produzione e traffico di sostanze stupefacenti, mentre al padrone di casa e alla moglie è stato contestato il concorso nello stesso reato. Secondo quanto accertato dai carabinieri di Tivoli, la coppia aveva offerto ospitalità ai soci che si occupavano della lavorazione della cocaina in cambio di circa 2.500 euro: prezzo del subaffitto del locale cantina per i circa sei giorni necessari alla lavorazione, prima della messa in commercio dello stupefacente sul mercato romano. Ma il piano è saltato per l’intervento dell’Arma.
Alla villa-raffineria gli investigatori dei carabinieri sono arrivati dopo numerosi pedinamenti e appostamenti. I due chili e mezzo di cocaina che di lì a pochi giorni avrebbero dovuto lasciare la casa erano destinati agli ambienti «bene» della Capitale, e gli attuali valori di mercato avrebbero consentito ai malviventi di ricavare dallo spaccio circa 200mila euro, considerando un prezzo di vendita variabile dagli ottanta ai centoventi euro al grammo. Secondo i primi accertamenti, poi, per fare entrare la cocaina liquida nel nostro Paese gli «importatori» l’avevano camuffata all’interno di alcuni rotoli di stoffa.


Due anni fa gli stessi militari avevano sequestrato a Tivoli 28 chili di cocaina, proveniente in quell’occasione dalla Spagna.

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