A New Orleans caccia aperta a vivi e morti

Corpi irriconoscibili dappertutto, ma anche bambini che ritrovano la mamma. E a frenare i soccorsi arriva un esercito di predicatori

A New Orleans caccia aperta a vivi e morti

Mariuccia Chiantaretto

da Washington

Riportare l'ordine a New Orleans non è facile ma qualcosa ora si sta muovendo. In alcuni quartieri sono tornate luce elettrica e aria condizionata e le pattuglie della Guardia nazionale hanno preso il pieno controllo delle strade della città. E la polizia adesso, rinfrancata dalla presenza dei militari, bracca le bande di sciacalli e saccheggiatori che ancora s'aggirano nella città fantasma e che tendono imboscate ai soccorritori. In una sparatoria, ieri, ne ha uccisi almeno quattro e feriti almeno due.
Ma l’impresa più dura, più che la caccia ai vivi, è la caccia ai morti. Secondo una stima del sindaco Ray Nagin i morti potrebbero essere 10mila ma finora la conta è ufficialmente ferma a 59 morti accertati in Louisiana e quasi 150 in Mississippi. Le case su cui i soccorritori hanno segnato con la vernice la presenza di cadaveri vengono via via perquisite dagli «equipaggi della morte» incaricati di rilevare le impronte digitali delle vittime e di provvedere al trasporto negli obitori. Molti cadaveri, ormai decomposti, non sono più riconoscibili nemmeno dalle impronte digitali. L’unica è l’impronta dei denti, ma ci vorrà tempo. I cadaveri, a New Orleans, sono ovunque. Oltre a quelli rimasti nelle case ce ne sono nei canali, nei giardini pubblici, lungo le strade, nei cassoni dell'immondizia. All'angolo fra Jackson Avenue e Magazine Street, nella zona dei negozi di antiquariato c'è, da mercoledì, il corpo di una donna. Man mano che passavano i giorni i passanti gettavano su quei miseri resti una coperta o un telo di plastica. Domenica pomeriggio, una mano pietosa ha costruito attorno al corpo una muretto di mattoni ed ha scritto sull'ultimo telo di plastica disteso «Qui giace Vera. Dio ci aiuti».
L’apocalisse non ha però impedito a una trentina di persone di festeggiare la giornata del Labor day con la tradizionale Gay Decadence Parade. «Siamo a New Orleans - ha spiegato Matt Menold, 23 anni, armato di chitarra e sombrero - dobbiamo celebrare, se non altro il fatto di essere vivi».
Nei centri d'accoglienza cresciuti a centinaia in una decina di stati, e su internet, va avanti intanto l'opera di riunificazione delle famiglie smembrate: c'è chi si cerca e si trova; e chi si cerca e trova notizie di morte. Un gruppo d'assistenza per i bambini dispersi e sfruttati di Alexandria, in Virginia, è riuscito a riunire sette bambini alle loro madri: erano rimasti separati al momento del salvataggio in elicottero dal tetto della casa inondata. Gli episodi analoghi sono decine. Esattamente come era avvenuto dopo l'11 settembre 2001 quando chi cercava un congiunto metteva cartelli e bigliettini ovunque, anche a New Orleans e negli stati dove sono stati portati i profughi le vetrine dei negozi sono piene di annunci e foto di dispersi. Basta leggere gli annunci pubblicati dal principale quotidiano di New Orleans che in questi giorni esce solo on line per capire il dramma di chi cerca un affetto perduto. Una figlia disperata: «Non ho notizie di mia mamma dal 2 di settembre. Qualcuno l'ha vista sul ponte vicino al Superdome è diabetica ed ha l'Alzheimer». Ma anche «cerco - messaggio 21710 - quella favolosa cantante di jazz che si esibiva al Palm Court e non vedo da sabato...».
E mentre gli ex presidenti Bill Clinton e George Bush senior, lanciano da Houston una raccolta di fondi, ipotizzando una commissione Katrina che accerti chi e che cosa non ha funzionato, fra i rifugiati scoppia una singolare polemica innescata da chi attribuisce Katrina all’intervento della volontà divina. «I disastri naturali - predicava ieri il maggiore John Jones dell'Esercito della Salvezza ai rifugiati nell’Astrodome di Houston - sono causati dai peccati del mondo. Tutto finirà per il meglio solo se Dio lo vorrà».

Risposta dell’associazione atei d’America: «Abbiamo sentito voci che parlano di arrivo di evangelisti fra gli sfollati. Pare che anche i cappellani dell'esercito distribuiscano bibbie anziché acqua e coperte. Quella gente ha bisogno di medicine, cibo e denaro, non di prediche». Parole sante.

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