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New York, la città della libertà è tutta un divieto

Era il simbolo della libertà, politica, economica, sociale. «New York, la città che non dorme mai», cantava Frank Sinatra, la città che fino al dopoguerra accoglieva gli immigrati ai piedi della Statua della libertà. Bastava camminare lungo i suoi immensi viali, per percepire il suo dinamismo elettrizzante, la sua energia creativa.
Ma negli anni Novanta la Grande Mela ha iniziato a cambiare. Nel cuore, più che nell’aspetto. Rudolph Giuliani impose la tolleranza zero; oggi sappiamo che in realtà si trattò di un immenso bluff, basato su cifre taroccate, ma di grande effetto psicologico sulla popolazione, che iniziò a cedere qualche fetta di libertà in cambio di maggiore sicurezza. Poi venne l’11 settembre del 2001, che la sfregiò nell’aspetto e la incupì nell’animo. E un altro settembre, nel 2008, che si portò via la Lehman e, con essa, il mito fino a quel momento incrollabile di Wall Street.
La New York di oggi appare imborghesita, inacidita, ha perso la sua freschezza, finendo per assomigliare, sempre di più, alle sue anzianotte cugine europee, che sono conservatrici, brontolone e un po’ diffidenti. La libertà un gadget, un’attrazione turistica. La vita di ogni giorno narra un’altra storia lungo la Quinta Strada, una storia di divieti, spesso pretestuosi, talvolta assurdi, comunque emblematici dello spirito dei tempi.
Nel 2002 New York vietò il fumo nei locali pubblici e negli uffici. E sia, anche l’Italia ha percorso lo stesso cammino. Ma ora il sindaco Bloomberg intende spingersi oltre, molto oltre. È diventato un fondamentalista che ha tanto a cuore la salute dei suoi cittadini da voler estendere il divieto di fumo ai parchi e alle spiagge. Un tiro a Central Park potrà essere punito con multe severe, anzi, salatissime. Quel sale, che, invece, potrebbe sparire dalle superlative cucine di New York.
Godetevi, fin che potete, i grandi ristoranti e gli chef di grido, rischiano di chiudere tutti. Per mancanza di igiene? Macché, per eccesso, ancora una volta, di salutismo. Se il provvedimento sul fumo all’aperto è strambo, questo lo è ancor di più. Un «ayatollah» del Congresso di New York, il deputato Felix Ortiz, ha presentato una proposta di legge contro il sale nelle pietanze, in sintonia, peraltro, con un’altra crociata di Bloomberg, che tempo fa aveva proposto una riduzione della sostanza accusata di essere il primo responsabile dell’aumento delle malattie cardiovascolari.
Ma Ortiz non si accontenta e pretende che il sale sparisca del tutto. Non accetta nemmeno la modica quantità. E non è detto che la sua proposta venga respinta.
Stramberie tipiche della New York di oggi. Non sono le uniche, a dir la verità. Chi corre la maratona di New York non può ascoltare gli iPod in quanto la musica «altera le prestazioni atletiche» e c’è mancato poco che il provvedimento non fosse esteso ai pedoni, sette giorni su sette, come propose un senatore quando una ragazza si fece investire, attraversando la strada con la musica sparata nelle orecchie.
A Manhattan, peraltro, è vietato sbattere la scopa fuori dalla finestra, anche su un cortile interno. E se baciate la vostra ragazza o guardate una donna «in quel modo» rischiate una sanzione di 25 dollari. Altro che Sex and the City. La City c’è, ma per il resto, che noia...
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