
Il problema degli entusiasti della tecnologia è che sono inguaribilmente e fallacemente ottimisti. Convinti che il progresso sia inarrestabile e che qualsiasi innovazione migliori il mondo, si scoprono inutilmente delusi ogni volta che si scontrano con la complessità del reale e l'intrinseca cattiveria dell'uomo. Il campo dei cosiddetti nuovi media, scaturiti dall'enorme diffusione di Internet, offre agli studiosi della comunicazione e agli esperti di psicologia sociale una formidabile occasione di analisi del rapporto tra uomo e tecnologia, opportunità colta da Nicholas Carr nel saggio Superbloom. Le tecnologie di connessione ci separano? (Raffaello Cortina, pagg. 328, euro 24). In realtà, nel titolo originale manca il punto interrogativo, che sarebbe stato bene mantenere nella traduzione italiana a cura di Francesco Peri. Autore del fortunato Internet ci rende stupidi?, Nicholas Carr è uno studioso eclettico, in grado di abbinare alle conoscenze scientifiche una adeguata formazione letteraria e psicologica, abilità che gli permettono di essere specialista senza diventar pedante e di scrivere con stile avvincente senza essere superficiale. Partendo da una breve storia delle telecomunicazioni, Carr osserva come, da semplici mezzi utili a veicolare messaggi (telegrafo, radio, telefono etc..), gli strumenti del comunicare si sono trasformati nel messaggio stesso (Bot, Ai etc..), riuscendo nell'incredibile impresa di ridurre l'uomo stesso a strumento. L'intelligenza artificiale - che di intelligente in senso stretto non ha molto - ha concluso il processo di espansione dei media, ormai capaci di produrre contenuti in proprio, estromettendo l'elemento umano, ridotto, appunto a vettore dei loro messaggi. Il chatbot, attingendo agli incommensurabili contenuti creati dall'uomo, è diventato un creatore esso stesso, e siamo solo agli inizi di quello che sarà un lungo ma rapido cammino. Le ripercussioni economiche, e soprattutto sociali, di una tale rivoluzione sono inimmaginabili, sicuramente non molto positive per la maggioranza del genere umano. Dopo aver ridotto le sfumature del linguaggio al minimo, massacrando la grammatica e eliminando le sfumature, i nuovi media hanno innescato dinamiche spaventosamente aggressive, come dimostra la cronaca di tutti i giorni, e soprattutto ci hanno allontanato dalla realtà distorcendo la nostra sfera percettiva, non attrezzata a gestire la dimensione virtuale. Che fare?
Naturalmente, tornare indietro non è immaginabile, così come non sarebbe proficuo un atteggiamento luddista di rifiuto o di sabotaggio delle nuove forme del comunicare. Carr suggerisce di rimettere i piedi per terra, ossia di ricominciare a percepire il mondo nel modo corretto, e di farlo frequentemente.
Il mondo reale, abitato da persone vive e pieno di cose tridimensionali, intessuto di sentimenti e ricco di fatti, c'è ancora, e ci sarà sempre, non importa quanto diffusa possa essere la dimensione virtuale. Ricordiamocelo.