Niente crisi per 7 famiglie su 10 E chi ha bisogno ricorre ai parenti

Tempi duri per i troppi buoni, ma anche tempi di importante riscatto. I buoni in questo caso sono i nuclei famigliari milanesi: il 16% di loro dichiara di essere stato costretto dalla crisi a richiedere un supporto economico nel trascorso 2010. A tendere subito una mano per aiutare i congiunti sono stati in primo luogo i genitori (54,5%), seguono parenti o amici (23,8%), un buon intervento è arrivato anche dai figli (22,2%) e alla fine si posizionano le istituzioni e le associazioni di volontariato (4,7%). I risultati emergono da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano, che ha effettuato un’indagine su un campione di 802 famiglie della città. Come leggere i dati?
«Due fondamentali imput: tutt’ora la famiglia non gode d’attenzione e considerazione da parte di chi è preposto ai posti di comando. La sua richiesta d’essere sostenuta è ancora una vox clamanti deserto. Nel contempo, però, mostra d’essere sul piano simbolico l’unità primaria, il nucleo resistente e protagonista della nostra società» spiega Ivo Germano, docente di Sociologia della famiglia all’Università del Molise.
Polo negativo e positivo ancora una volta s’attraggono, allora. «Certo. Il grido d’allarme utilitaristico e economicistico dimostra che la compagine famigliare è un’entità culturale che racchiude un vortice di opportunità, di cure, di relazioni, di energie inestimabili che non sono mai state veicolate all’esterno. La forte vivacità sociale, registrata dall’indagine della Camera di commercio, va oltre poi il dato economico, perché dimostra che in una situazione di crisi padre, madre, figli uniti sono sempre il miglior luogo di ascolto».
Lo studio sulle necessità dei milanesi prosegue con altre voci che riguardano il cambiamento delle abitudini. Una famiglia su cinque del campione sondato dichiara di aver dovuto diminuire i propri consumi rispetto al 2009, per il 10% invece sono aumentati, mentre il 68% conferma una sostanziale stabilità della spesa. Il risparmio più stretto è stato applicato ai beni ritenuti secondari, quali arredamento, abbigliamento e calzature. Ridotto il budget destinato al tempo libero e alla vacanze, ma tengono la frutta e la verdura, ritenute risorse alimentari primarie. Il loro acquisto è cresciuto o rimasto inalterato per il 78% di nuclei. Lo stesso trend si registra nei più benestanti che abitano in centro storico.
A condizionare un comportamento austero è per il 30% degli intervistati il clima di sfiducia verso il futuro, mentre per il 27% sono diminuite le entrate a breve termine e le disponibilità finanziarie. Il 45% dice di aver impiegato tutto il reddito in consumi famigliari. «Abbiamo attraversato anni di sbornia consumistica - conclude Ivo Germano -.

Ora che «l’inciucchita» è passata viviamo in una schema di ridimensionamento, che non deve essere né un problema da far entrare in titoli scintillanti che non portano a nulla, ma nemmeno polvere da nascondere sotto il tappeto. La famiglia non è un’entità favolistica. E’ forza viva. Se la vita è ricca è grazie a lei e se la vità è agra è un’altra volta lei il nostro veicolo propulsore».

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