In Nigeria raffiche di mitra a Martins che rifiutò la convocazione in nazionale

Un commando di tre uomini ha crivellato di proiettili l’auto dell’ex interista

Si considera un miracolato, Obafemi Martins. E qualche santo in paradiso l’ex giocatore dell’Inter, ora al Newcastle, lo deve avere davvero se ieri ha potuto raccontare di persona e al mondo intero che cosa gli è successo lunedì scorso. Lunedì Oba Oba ha rischiato di lasciarci la pelle, sepolto da una pioggia di proiettili sparati da tre delinquenti nei pressi della sua casa di Lagos, in Nigeria. Il perché dell’attentato? Non si sa, ma probabilmente il motivo è da ricercare nel rifiuto opposto dall’attaccante alle ultime chiamate della sua nazionale. Roba da matti, diremmo in Italia.
Era notte e Martins viaggiava sulla sua Mercedes in compagnia di un amico. Girava sicuro per le strade della sua città natale, come ha sempre fatto. Giunto nelle vicinanze della propria abitazione, il calciatore nigeriano si è fermato in una stazione di servizio a fare benzina quando un commando di tre uomini, a volto coperto e mitra in pugno, si è avvicinato alla sua auto. Nemmeno una parola. I tre hanno fatto fuoco da distanza ravvicinata, crivellando di colpi le lamiere della Mercedes. Dentro, Martins e l’amico si sono rannicchiati per proteggersi. «Sparavano all’impazzata - ricorda Oba Oba - per uccidere. È stato un inferno, sembrava di essere in un film». Già, in un gangster movie americano. Solo che la vittima, in questo caso, non era un boss mafioso, ma solo un ragazzo di 22 anni abile nel dare quattro calci al pallone. Quello stesso pallone che sarebbe la causa del barbaro agguato. Altre ragioni non se ne vedono.
Martins, impegnato nel campionato inglese, ha risposto picche alle convocazioni della sua Nigeria. Ma in Africa la maglia della nazionale di calcio dai tifosi è considerata sacra e per lei si arriva a minacciare, picchiare, uccidere. «È pazzesco che qualcuno mi voglia morto perché ho saltato qualche partita», ripete incredulo il piccolo attaccante di colore.
Ma forse non si è informato bene. Gli sarebbe bastato chiedere al suo ex compagno all’Inter, Wome, come viene trattato chi «sgarra» con la propria selezione africana. Il terzino, ora al Werder Brema, sbagliò il rigore decisivo nel mancato approdo del Camerun a Germania 2006. La sua casa venne saccheggiata, l’auto distrutta, il negozio della fidanzata devastato.
Cose che succedono spesso in Africa, ma anche altrove. Come dimenticare la tragica fine del difensore colombiano Escobar? Provocò un’autorete contro gli Stati Uniti nei Mondiali a stelle e strisce del 1994. Pochi giorni dopo gliela fecero pagare. Uscito da un ristorante di Medellin, venne aggredito da una banda armata. «Grazie per il gol», e giù dodici colpi di mitraglietta: morì in un lago di sangue.
A Martins, per fortuna, è andata decisamente meglio. Illeso, neanche un graffio. Anche l’amico, colpito a una spalla, se la caverà. «Non so ancora come sono sopravvissuto.

Quando mia madre ha visto le condizioni della mia macchina è quasi morta dallo spavento», commenta la punta del Newcastle. Ciò che Oba Oba sa di sicuro, invece, è che a Lagos non ci metterà piede per un bel po’. «Non mi sento sicuro». Come dargli torto?

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