Niki Lauda va contromano: «Si può volare»

Lui che volava sulle piste di Formula 1 e ha fondato ben due compagnie aeree, di stare a terra proprio non ne vuol sapere. E mentre i colossi dell’aviazione civile di mezzo mondo si leccano le ferite per «la più grande emergenza dall’11 settembre», Niki Lauda passa al contrattacco. L’ex pilota, fondatore della Lauda Air (poi ceduta alla Austrian) e in seguito della Niki, ha indetto ieri una conferenza stampa per commentare un episodio accaduto nella sua Vienna: l’atterraggio di un velivolo della Ural Airlines, avvenuto a Schwechat, l’aeroporto della capitale austriaca, nonostante la chiusura dello scalo a causa della nube vulcanica islandese.
Lauda non ha dubbi: «Quell’atterraggio dimostra che si può volare». L’A-321, ha spiegato Lauda, che è anche pilota di aerei, è stato dirottato a Vienna non come atterraggio di ripiego come indicato, bensì un atterraggio di «emergenza»: il pilota dell’aereo russo aveva «finito il carburante». Un parere controcorrente, ma certamente autorevole, visto la dimestichezza con i cieli di Lauda. E soprattutto un parere che cade come un sasso nello stagno di lacrime delle compagnie aeree.
Tra le prime a mettere le mani avanti è la Sas, società scandinava, pronta ad annunciare che, se il blocco dello spazio aereo nord europeo causato dall’eruzione del vulcano islandese continuerà, dopodomani potrebbe mettere in stato di «disoccupazione funzionale» fino a 2.500 dipendenti in Norvegia. Secondo una rivista specializzata in traffico, Boarding.dk, i costi causati a Sas dal blocco ammontano a 16 milioni di euro. La maggiore compagnia aerea scandinava ieri aveva annunciato di aver soppresso 742 voli. Venerdì i titoli delle compagnie aeree avevano tutti accusato notevoli cali in Borsa. E l’associazione Iata aveva parlato di danni per 200 milioni di dollari al giorno. E ieri è stato annunciato un massiccio piano di ferie e cassa integrazione per il personale degli aeroporti di Linate e Malpensa che durerà fino a domani, a causa dello stop ai voli.
E naturalmente l’impatto economico non è limitato al solo settore aereo. Se i latticini e il pesce italiano non potranno arrivare per una settimana sulle tavole straniere, l’industria alimentare subirebbe danni economici fino a 12 milioni di euro. È questa la stima dell’Ufficio studi di Federalimentare riguardo ai danni all’export dell’industria alimentare.

Anche i produttori agricoli vedono nubi sui loro raccolti e Coldiretti si dice preoccupata per il prolungamento del blocco dei voli e i gravi danni economici in un momento in cui, tra l’altro, sono pronte a sbarcare sui mercati internazionali primizie di stagione come le fragole campane o gli asparagi pugliesi e i fiori.

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