«No a classi di bimbi stranieri: è dal ’98 che esiste la legge»

Continua a far discutere il caso della scuola di via Paravia, dove quest’anno è stata cancellata la prima elementare, che contava due alunni italiani su 17 - per evitare che si creino «classi ghetto frequentate solo da alunni stranieri». Ieri i genitori hanno peso carta e penna e scritto una lettera all’Ufficio scolastico regionale per chiedere di far frequentare la scuola ai figli fino all’esito del ricorso da loro presentato al Tribunale civile di Milano. L’udienza è fissata per il prossimo 14 settembre, ovvero due giorni dopo l’inizio delle lezioni. Anche l’avvocato Alberto Guariso ha scritto agli uffici di via Ripamonti e al dirigente della scuola a nome dei genitori: «Vi invito ad assumere ogni provvedimento affinché gli alunni possano frequentare la scuola (...) per evitare il prodursi in capo ad essi di danni che, in caso positivo dell’esito, resterebbero a carico dell’amministrazione e dei singoli funzionari responsabili».
Intanto il Comitato italiano per l’Unicef esprime «preoccupazione per la ricaduta sul diritto all’istruzione e alla non discriminazione dei bambini coinvolti nel caso della scuola di via Paravia. Il motivo alla base della decisione sembra essere lo sforamento del tetto del 30% degli alunni di origine straniera. A tale proposito l’Unicef Italia richiama all’attenzione delle istituzioni preposte a tale decisione il principio di non discriminazione alla base della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza».
«Il caso è stato sollevato ora, ma era già chiarissimo - replica il direttore Giuseppe Colosio -. In primo luogo per il numero degli alunni, troppo basso: se autorizzassimo, in una città come Milano dove l’offerta formativa è molto ricca, classi con dieci alunni toglieremmo risorse dove i bambini devono fare tanti chilometri di strada per raggiungere il loro istituto. La prima ragione e la fondamentale quindi è di natura assolutamente strutturale. I bimbi di via Paravia tra l’altro hanno la possibilità di essere accolti tutti nella scuola più vicina». Insomma il problema è il numero degli alunni, insufficiente a formare una classe.
«Sul caso di via Paravia si discute da tanti anni e forse va rammentata a chi ha la memoria corta - spiega Colosio - che prima della circolare Gelmini, che l’anno scorso ha imposto il tetto del 30% di alunni extracomunitari per classe, c’è una legge italiana la Turco- Napolitano del ’98» non certo firmata da esponenti del centrodestra «che ha stabilito che in una classe non ci può essere una componente predominante di alunni stranieri». Ben più di una circolare ministeriale, dunque. «Se un domani il parlamento deciderà di modificarla ci adegueremo - conclude il direttore - ma oggi la legge è dalla nostra parte, sia dal punto di vista organizzativo che nel merito della composizione. Qui siamo addirittura alla totalità di alunni stranieri. Insistere sul fenomeno dell’integrazione è una forzatura».


Gli avvocati chiedono di far iniziare le lezioni agli studenti? «Non ho ancora visto la lettera, ma ripeto che la decisione è in linea con la storia dell’integrazione italiana, la circolare Gelmini non fa che quantificare ciò che è espresso dalla legge Turco-Napolitano. Non è solo un problema di parlare la lingua italiana, serve uno scambio culturale tra bambini e famiglie».

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