«La verità è che noi sindaci abbiamo pochi strumenti per fare davvero qualcosa contro la penetrazione mafiosa nelle imprese e negli appalti pubblici. E laspetto drammatico non è solo la mancanza di strumenti legislativi. Il guaio è che la magistratura non si fida di noi. A parole chiedono la nostra collaborazione. Nella realtà, si comportano come se pensassero che il sindaco di un Comune ad alta presenza malavitosa sia, fino a prova contraria, colluso con la criminalità».
Parola di Loris Cereda, sindaco del Comune divenuto - suo malgrado - il Comune-simbolo della avanzata delle cosce in Lombardia: Buccinasco, il paesone cresciuto tumultuosamente alle porte di Milano e divenuto - nella celebre definizione del pentito Saverio Morabito - «unaltra Platì», ossia un territorio rubato allo Stato, dove a dettare legge sono i clan calabresi e non le gazzelle dei Carabinieri.
Cereda ha letto con attenzione le parole con cui il capo della Procura antimafia milanese, Ilda Boccassini, lunedì scorso, ha stigmatizzato la disponibilità del mondo imprenditoriale a scendere a patti con i capitali sporchi. Ha letto anche le dichiarazioni con cui, nello stesso convegno, il sindaco Letizia Moratti ha ammesso che i Comuni sono privi di strumenti per difendersi dallassalto mafioso.
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