Mentre infuria la polemica sui nomadi scoppia anche il caso-droga. Al campo nomadi di Castel Romano, aperto due anni fa dal Comune di Roma allinterno del parco di Malafede, sulla Pontina, su 1200 rom ufficialmente residenti, almeno 300 fanno uso di sostanze stupefacenti. E di questi, il 20 per cento sono donne. «Cocaina sniffata o fumata, eroina, cannabis, sostanze quasi sempre associate allabuso di alcool e, in alcuni casi, alluso di farmaci», rivela Mario DAguanno, coordinatore del progetto «Gitanes», affidato dallAgenzia comunale per le tossicodipendenze alla cooperativa sociale «Magliana 80». Il fenomeno è trasversale, spiega DAguanno, in quanto i consumatori sono compresi in una fascia detà che va dai 17 ai 60 anni, ma la novità è rappresentata dallaumento del consumo di droghe da parte delle donne. La cooperativa ha effettuato un costante monitoraggio al vecchio campo di vicolo Savini fino al 2005, anno del trasferimento dellinsediamento (circa 800 persone) a Castel Romano. I dati in possesso della Onlus Magliana 80, però, rilevano che la percentuale di donne tossicodipendenti nel 2007 è raddoppiata rispetto al 2002. Passando dal 10 al 20 per cento.
DAguanno snocciola dati agghiaccianti: «Fra i tossicodipendenti del campo, le fasce detà più rappresentative vanno dai 17 ai 26 anni, ma labitudine al consumo delle droghe può coinvolgere i membri di unintera famiglia. Le droghe vengono sniffate, fumate, inalate o bevute. Il 54 per cento dei tossicodipendenti contattati dai nostri operatori, inoltre, risultano essere stati in carcere». Sniffano i figli, i padri, le madri. Alcuni giorni fa una giovanissima donna, incinta, è stata portata di corsa al Sert del SantEugenio perché in crisi dastinenza. La nuova peste sta distruggendo interi nuclei familiari e sovverte le gerarchie tradizionali della comunità, che una volta si basavano sul rispetto degli anziani. Aumentano anche i furti allinterno del campo, le porte dei container sono sbarrate, sono saltate le relazioni e i rapporti sociali e si vive in un clima di diffidenza. In base a una convenzione sanitaria, tutti i tossicodipendenti che risultano residenti nel campo di Castel Romano possono andare in cura al Sert del SantEugenio. Gli operatori del progetto «Gitanes» svolgono un meticoloso lavoro di prevenzione tra le famiglie, conquistano la fiducia dei rom tossicodipendenti e raccolgono le segnalazioni sulle persone a rischio. «Il problema però - spiega DAguanno - è che gli immigrati, e ancor di più i rom che entrano in contatto con il servizio per le tossicodipendenze, lo abbandonano con più facilità rispetto a un italiano». Le ragioni? «Sono popolazioni che vivono alla giornata, per cui è difficile coivolgerle in un programma di prevenzione.
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