Nomadi, contestato il sit-in leghista

Tre militanti del Pd come li ha liquidati Salvini, cittadini in buona fede messi su dalla sinistra come diceva qualche leghista? O forse elettori delusi. Elena ha una certa età. È calabrese ma vive a Milano da 40 anni, nonostante l’inconfondibile accento non sia cambiato da una virgola. Ieri mattina è partita dal Giambellino per andare in via delle Forze Armate 179, dove la Lega aveva convocato il suo sit-in. L’ha accompagnata la sua amica leghista, camicia verde e sole delle alpi. Ma ieri mattina Elena è andata lì con un messaggio preciso da dire ai leghisti: «Ci avete illuso, vi siete imborghesiti» gridava.
Elena e altri non vogliono come vicini di casa i rom a cui sarebbero assegnate delle case popolari, nell’ambito degli interventi di legalità e integrazione messi a punto dal Comune con il ministero dell’Interno, che sta finanziando il piano nell’ambito dell’emergenza nomadi. Erano un centinaio in tutto le persone arrivate in via Forze Armate. Molti inquilini degli stabili della zona, di proprietà del Comune o di Aler. Tanti altri in attesa di una casa popolare. Gente arrabbiata per il «sorpasso» che ritengono di aver subito da parte dei nomadi. Anche se il Comune assicura che gli alloggi in questione sono solo 25, anche se garantisce che sono «fatiscenti», e che sono fuori dagli elenchi delle graduatorie. Anzi, questo è un altro problema. Molti degli inquilini di via Forze Armate - le famiglie sono 142 - stanno trattando da anni con Aler l’acquisto, e non vogliono sentirsi dire che si tratta di case «fatiscenti». Chiedono migliorie, ma non vogliono etichette capaci di far scendere il valore degli alloggi. Né vicini di casa che considerano «scomodi».
La Lega dunque diventa il bersaglio della contestazione. L’accusa? «Ha salvato l’assessore che vuol dare la casa ai rom - questo dicevano ieri i più - mentre il suo partito, il Pdl, voleva mandarla via. Loro sono stati coerenti». «Dov’è finito Salvini? Perché non è venuto lui?» domandavano con tanto di striscioni. «Noi siamo qui - rispondeva col megafono Igor Iezzi, segretario provinciale del Carroccio subentrato proprio a Salvini da qualche mese - ancora una volta in mezzo alla gente ci siamo noi, non la sinistra». Erano «tre militanti del Pd, ognuno poi fa le contestazioni che crede - commentava in serata Salvini - d’altronde capisco l’imbarazzo della sinistra sulle case ai rom visto che stiamo risolvendo il problema si trova in difficoltà».
«Le vostre sono promesse da marinaio - diceva ancora Elena - poi non le mantenete». «Nel piano di Maroni - ripeteva Iezzi - non ci sono le case ai rom. Ci sono solo tre cose: sgomberi, sgomberi, sgomberi. Con Maroni i nomadi sono passati da 10mila a meno di 2mila. Noi ne vogliamo il meno possibile, e vogliamo chiudere i campi. A Milano ci saranno solo pochi, piccoli campi di transito con telecamere, controlli e piccole caserme dentro. Ma per arrivare a questo dobbiamo ridurre ancora il numero di rom nei campi». Come? «Anche con le case - ribatteva Iezzi - ma non certo case popolari. Case prese sul mercato, anche con un piccolo aiuto, ma senza privilegi sui milanesi». «Magari con case della chiesa - rincarava la dose la deputata del Carroccio Laura Molteni - Quando vediamo un assessore applaudito dalla sinistra significa che qualcosa non va».


Chi è l’artefice del piano? Alla fine il problema è questo. O meglio, chi ne paga il prezzo in termini di consenso. «Noi siamo una forza di governo che si assume la responsabilità di risolvere i problemi - la rivendicazione di Iezzi - ma qualcuno sta facendo il furbo».

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