Cronaca locale

Nomadi, la Provincia «costretta» a intervenire

Alla giunta Penati tocca «promuovere il trasloco dei campi», problema sempre evitato

Gianandrea Zagato

Se la premessa è che gli sgomberi non risolvono il problema, be’, allora, c’è solo un metodo da seguire: tentare l’integrazione e imporre la legalità. Come dire: aiuti e regole. Soluzione che, domani, il prefetto di Milano, Bruno Ferrante, presenta a quelle amministrazioni comunali - Milano, Pero, Rho, Bollate e Baranzate - costrette a convivere con favelas fuorilegge. Sforzo che, naturalmente, può e deve riguardare solo chi ha un titolo per stare sul nostro territorio: discrimine di un’emergenza che, comunque, «può essere risolta solo insieme alla gente che abita vicino ai campi nomadi», chiosa don Virginio Colmegna. Che lancia la proposta di «un’erogazione di fondi pubblici realmente utili per l’individuazione degli insediamenti e la sottoscrizione di un patto tra cittadini e istituzioni, integrazione in cambio di scadenze precise di interventi coordinati».
Scelte che però vanno prese, non bisogna dimenticarlo, insieme alla Provincia di Milano. Alla giunta guidata da Filippo Penati spetta infatti «promuovere la localizzazione dei nuovi campi nomadi», ricorda il sindaco di Monza, Michele Faglia. Impegno che l’amministrazione di via Vivaio ha però preferito evitare in quest’anno di governo, quasi facesse paura agli amministratori di centrosinistra mettere mano ad una ferita aperta rappresentata dalle baraccopoli spalmate sul territorio. Ma, domani, al tavolo voluto da Ferrante, c’è pure un rappresentante della giunta Penati: presenza «indispensabile» per la pianificazione territoriale osserva Palazzo Marino. «Milano non può più e non vuole più sopportare da sola questo carico di degrado e di disperazione», dichiara Guido Manca, assessore alla Sicurezza. Denuncia implicita dell’indisponibilità dei Comuni limitrofi a farsi carico di un problema: «anzi, con i loro ghisa sono pronti a rispedire indietro le colonie di rom che la nostra polizia municipale sgombera», fa sapere Riccardo De Corato.
E mentre il vicesindaco di Milano dà i numeri dell’emergenza, «cinquemila e passa nomadi ospitati in città e altri duemila distribuiti su ventitré Comuni limitrofi», dai primi cittadini dell’hinterland sembrano, finalmente, arrivare segnali di disponibilità per affrontare il problema. «Bisogna trovare una soluzione all’ingresso al campo di via Monte Bisbino che è sul nostro territorio: soprattutto per i bambini, una sessantina, che frequentano le nostre scuole. Non intendiamo tirarci indietro ma vanno chiarite le responsabilità», fa sapere Giuseppe Corbari, sindaco di Baranzate, mentre il collega di Pero, Pierangela Fioroni, ammette che «devono essere perseguiti coloro che vivono nei campi e praticano attività irregolari». Annotazione che non nega però i percorsi d’aiuto, quelli che sono «argine al degrado e all’illegalità» sostiene don Colmegna e che, domani, sono elemento fondamentale del tavolo prefettizio contro un’emergenza incancrenita da anni. E che la Lega affronterebbe manu militari: «Sgombero immediato perché i cittadini di Triboniano sono ostaggi» è il leit motiv della leghista Laura Molteni. Indicazione politica seguita dalla proposta di una «baracca abusiva da installare in piazza Scala per protesta».

Soluzioni che non risolvono però il problema dei nomadi difficile da governare e quindi scomodo.

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