«Perché rimandare? Giovedì faremo le nomine». Roberto Formigoni spiega che prima di Natale ospedali e aziende sanitarie avranno i direttori generali. La giunta del 23 dicembre, che ha all’ordine del giorno le nomine, si prepara a procedere. Le polemiche politiche sembrano archiviate: le ultime difficoltà sarebbero state risolte durante un vertice di venerdì scorso. «Se si rimandasse - spiega il presidente della Regione -, si creerebbero problemi burocratici anche per i contratti».
Gli incarichi dei nuovi direttori partono il primo gennaio e l’ultima settimana dell’anno è indispensabile per gli adempimenti necessari, anche perché non mancheranno i nuovi incarichi: «Cercheremo di garantire un mix di continuità e novità. Tra i criteri innovativi, il limite massimo di età di 67 anni come per i primari e la rotazione: non si potrà restare per più di dieci anni nello stesso posto».
Le polemiche con Bresciani sono ancora nell’aria, dopo che l’assessore alla Sanità aveva rivendicato un numero maggiore di “posti” per la Lega come conseguenza del maggior peso elettorale. Il presidente della Regione nega che si possa parlare di lottizzazione: «La sanità lombarda è prima in Italia perché il nostro metodo è scegliere i migliori, non ci muoviamo su una logica spartitoria o da manuale Cencelli. Servono competenze sia in campo sanitario che in campo manageriale».
Formigoni però rivendica la scelta politica che sta dietro la nomina dei direttori generali: «Dopo la prima fase, che è quella di un’analisi attenta dei curricula, già fatta nei mesi scorsi, per selezionare i direttori con criteri di eccellenza, si passa al secondo elemento, che è quello fiduciario: a questo punto entra in gioco la fiducia che la giunta ha nelle persone. Si tratta di nomine della giunta e non di assunzioni per concorso; lo prevede la legge».
E se un manager che ha le carte in regola ma non conosce nessuno vuole diventare direttore generale di un ospedale? «Noi vogliamo scegliere persone che condividano la nostra filosofia - risponde Formigoni -, ovvero prima di tutto che è il cittadino a scegliere da chi vuole essere curato; in secondo luogo l’apertura al privato e la libera concorrenza tra pubblico e privato; in terzo luogo l’organizzazione degli ospedali in base all’intensità di cura, in modo cioè che non sono divisi per padiglione ma per gravità della patologia». Un altro criterio base della sanità made in Lombardia è «l’integrazione tra l’aspetto sociale e sociosanitario, con un’attenzione marcata alla cura dei non autosufficienti».
In ogni caso, una speranza non si nega a nessuno: «Tutti possono mandare il curriculum, i bandi sono stati aperti fino all’estate e un gruppo di lavoro li ha selezionati tutti. Abbiamo ricevuto tantissime domande e questo vuol dire che il posto è ambitissimo, nonostante la retribuzione sia inferiore a quella delle aziende sanitarie private».
Le nomine arriveranno con una delibera di giunta del presidente della Regione, di concerto con gli assessori alla Sanità, Luciano Bresciani, e alla Famiglia, Giulio Boscagli. Dovrà poi essere la giunta a votare il provvedimento a maggioranza.
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