Egregio Signore,
purtroppo sono ancora menomato a una mano, ciò che mi ha costretto a scrivere larticolo da Lei criticato come meritava: con una mano sola, giustappunto la sinistra. Lei invece mi sembra stia bene, La trovo lucido e consapevole come tutti la conosciamo. Lo desumo dalla Sua lettera, laddove allude a contratti purtroppo inesistenti e parla di percorsi novecenteschi per giustificare che Piero Fassino Le ha dato un collegio, ciò che nel centrodestra non Le avrebbero negato. Ella ha ragione nel dire che il mio articolo voleva solo darLe del traditore. È così. Anche gli accenni ai forcaiolismi provenienti da Lega e An sono giustificati; le ricostruzioni più minuziose sono apparse su questo giornale, e spesso per testimonianza di chi era presente: mi duole che Lei non abbia mai figurato tra le mie fonti. Per ricostruzioni più tecniche può rivolgersi al compagno di partito Gerardo DAmbrosio o allalleato Antonio Di Pietro. Su Berlusconi, se permette, ci andrei invece più cauto. Nel coro che spinse il Suo ex padre a divenire un esule non mancava certo chi oggi circonda Berlusconi, e magari siede, invero con mutate convinzioni, su scranni parlamentari o istituzionali. Quel che accadde attorno alla sagoma espiatoria di Bettino Craxi labbiamo ricordato più volte: è proprio in quel periodo, nel 1993, che limprenditore Silvio Berlusconi già soppesava e orecchiava la politica o a esser precisi il consenso. E quando una percentuale di italiani che sfiorava il novanta per cento voleva Craxi espressamente in galera, e lo odiava di un odio viscerale e risolutore, vediamo che un Berlusconi già mentalmente politico non ebbe a rifuggire le telecamere di Raitre (29 aprile 1993) dopo le note e mancate autorizzazioni a procedere contro Bettino Craxi. Alle telecamere disse questo: sono venuto a trovare un amico e sono tanto contento per lui.
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