«Non cadiamo nella trappola dei fanatici»

Il porporato, ex nunzio ad Ankara: «C’è chi vuole lo scontro, ma dobbiamo convivere»

«Non cadiamo nella trappola dei fanatici»

da Roma

«Sono episodi preoccupanti ma non dobbiamo cadere nella trappola di chi manovra il fondamentalismo». Il cardinale Sergio Sebastiani, 74 anni, marchigiano, presidente della Prefettura degli affari economici della Santa Sede, è un profondo conoscitore della realtà turca. Per quasi dieci anni, dal gennaio 1985 al novembre 1994, è stato nunzio apostolico in Turchia.
Che cosa ne pensa di ciò che sta accadendo in Turchia?
«C’è preoccupazione e ci si rende conto che la situazione si sta deteriorando. Ci sono gruppi nazionalisti e c’è chi soffia sul fuoco del fondamentalismo...».
A che cosa si riferisce?
«Le famose vignette sono state pubblicate cinque mesi fa. Ci sono voluti cinque mesi di meditazione prima che scoppiasse questa rivolta ad orologeria. Ciò significa, credo, che c’è chi manovra, chi vuole che avvenga lo scontro di civiltà».
E che idea si è fatto in proposito?
«Temo si tratti del terrorismo, che usa i fanatici fondamentalisti. Spero che i Paesi islamici se ne stiano rendendo conto e credo che quanto accade stia facendo riflettere i musulmani onesti e pacifici».
Qual è stata la sua esperienza di cristiano in Turchia?
«Ho cercato di conoscere a fondo la religione islamica, ho avuto contatti con tutte le componenti della società. Non ho mai avvertito ostilità. I cristiani in Turchia non hanno mai dato fastidio a nessuno e fin dal tempo dell’impero Ottomano c’era una convivenza pacifica. Durante la mia permanenza ho promosso iniziative di dialogo interreligioso e scambi di docenti universitari. Un’esperienza continua tutt’oggi».
Non crede che in questi ultimi anni il clima sia mutato?
«Certo sta mutando, e i fatti accaduti lo dimostrano, anche se credo che non dobbiamo cadere nel tranello di chi manovra le proteste e le violenze, di chi sfrutta il sentimento religioso e il fanatismo per fini politici e strategici che nulla hanno a che fare con la religione. Mi sembra che ci troviamo di fronte a una strumentalizzazione montata ad hoc a livello mondiale».
Ha conosciuto don Santoro?
«No, perché quando lui è arrivato in Turchia, io l’avevo lasciata già da tempo. Ma sarò a concelebrare le sue esequie. La sua missione, il modo in cui ha vissuto il suo sacerdozio a Trebisonda è un segno di speranza. Sono state commoventi le parole del Papa quando ha auspicato che il sacrificio della sua vita contribuisca alla causa del dialogo fra le religioni e della pace tra i popoli».
Non crede che bisogna reagire?
«Chi organizza il fanatismo vuole questo, vuole lo scontro. Ma noi crediamo in un Dio che è morto in croce dicendo: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”. Non dobbiamo cedere a chi vuole imporci l’odio. Dobbiamo poter vivere, anzi convivere, rispettandoci a vicenda».


Lei è favorevole o contrario all’ingresso della Turchia nell’Ue?
«Sono sempre stato favorevole. Ma ho sempre detto ai miei interlocutori: non potrete entrare se vi rifiuterete di conoscere ciò che noi siamo e i nostri valori».

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