Caro Direttore,
stamattina (ieri, ndr) il tuo giornale mi dedica uno spazio in seconda pagina, con tanto di foto, per raccontare la mia «carriera flash» in Rai quale «amico di Giancarlo» Tulliani. La collega Laura Rio ricostruisce i miei ultimi anni di lavoro in modo parziale a sostegno di una tesi che non ha sentito il dovere di verificare con me: io, cioè, lavorerei solo perché traffico con soggetti più o meno vicini alla politica, più o meno «parenti di». È un curioso modo di fare informazione, quello di tralasciare la versione del diretto interessato (so per certo, che la Rio ha i miei recapiti telefonici). Ma io forse sono un giornalista di vecchia scuola e penso ancora che le inchieste si debbano condurre allinsegna della correttezza. Non del pregiudizio.
Ti fornisco qualche precisazione, sperando siano utili alla verità. Il mio attuale contratto con Radio Rai ammonta a poche decine di migliaia di euro come la Rio ha avuto modo di verificare ma si è dimenticata di precisare - e mi è stato proposto solo sulla base della mia competenza, della mia storia professionale. E veniamo al mio presunto legame con Tulliani. Nella primavera del 2009 ho iniziato una collaborazione con una piccola società appena costituita, la «Immediate» (non centrava nessun Tulliani). Laccordo era questo: se fossi riuscito a «piazzare» una rubrica o un programma in una Rete televisiva (e in quel periodo io cercavo di incontrare tutti i direttori di Rete), sarei stato compensato con una cifra pari al dieci per cento degli utili finali. Una quota, cioè, che faceva riferimento alla percentuale di azioni che mi sarebbe stata intestata. Valore delle azioni: 1.000 euro. Più o meno a metà luglio, venni a sapere che nella società era entrato un nuovo soggetto: la «At Media». Chiesi a chi facesse riferimento: a un socio di capitale, mi dissero. Nei giorni successivi incontrai lamministratore di At Media, il dottor Luciano Fasoli. Il quale mi spiegò che a seguito di un accordo tra i soci di maggioranza la rubrica che avevo portato a Mauro Mazza e che era piaciuta alla direzione Rai sarebbe stata prodotto con una nuova società, la At Media. Il mio compito restava lo stesso: «formatizzare» la rubrica «Per Capirti»; trovare e istruire la squadra che lavrebbe materialmente messa in onda (autori, redattori, produttori); discutere con il direttore di Rai Uno e con i responsabili del programma «Festa Italiana» i contenuti delle storie e la compatibilità con le altre rubriche.
Non ho mai trattato né, tantomeno, firmato per At Media contratti con la Rai, né fatto altro per la rubrica in questione oltre a quello che ho descritto sopra. Non ho mai conosciuto la signora Frau, e, finché non lho letto sui giornali, ignoravo chi fosse e quali parentele avesse. Non ho alcun legame con i componenti la famiglia Tulliani presente o passato - né ho agito mai consapevolmente per altri che non fosse lamministratore a cui indirizzavo le fatture. Agli inizi di dicembre 2009 terminato il compito di avviamento di «Per Capirti», che stava ottenendo buoni risultati di ascolto - mi sono messo in cerca di un altro lavoro. Che dici, direttore? Non avrei dovuto? Prevedendo che l aver collaborato per qualche mese con At Media sarebbe stata oggi una colpa imperdonabile, avrei dovuto ritirarmi per sempre? Non trovare più lavoro è invece quello che rischio oggi, grazie a qualche ricostruzione giornalistica maliziosa.
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