«Non hanno fischiato me Hanno fischiato Togliatti»

«Ho citato Togliatti, sì. E anche De Gasperi, Pertini, Violante, Napolitano, il Papa e Silvio Berlusconi. Hanno cominciato prima che iniziassi a parlare e sono andati ben oltre la fine del mio intervento. Quella è gente che fischia a prescindere da chi stia sul palco». Il presidente della Provincia, Guido Podestà ripensa alle contestazioni di domenica scorsa, quando gli autonomi sono entrati nella piazza e hanno iniziato a insultare gli oratori. Lui che era lì sul palco, insieme al sindaco Letizia Moratti e agli altri rappresentanti delle associazioni partigiane ed ex deportati se lo ricorda bene quello spettacolo «inammissibile e disumano».
Ma quindi, presidente, le contestazioni dei no global non erano dirette a lei, piuttosto contro il Migliore...
«Glielo ripeto: quella è gente che fischia prima ancora di sentire una sola parola. Il loro obiettivo è impedire che qualcuno esprima le proprie idee, vogliono essere contro e basta. Quante volte ho sentito e ripetuto la frase di Voltaire che dice: “Lotterò con tutte le mie forze perché tu possa affermare la tua idea che io combatto”. Tutti devono poterlo fare, poi si può anche dissentire. Ma non a prescindere. Se persone così si permettono di entrare nelle piazze, non possono farlo in manifestazioni in cui si ricordano decine di caduti».
Le istituzioni politiche e i partecipanti alla manifestazione hanno puntato il dito contro la gestione dell’ordine pubblico. Come definirebbe quello che è accaduto?
«Quando ho sentito i fischi, mi sono detto che abbiamo ancora molto da fare per far crescere queste persone. Ma quando ho saputo degli insulti agli ex deportati, allora la reazione deve essere più forte della difesa di certi valori».
E però il ministro La Russa ha detto che è meglio che lei e il sindaco di Milano non andiate più in piazza. Cosa gli risponde?
«Innanzitutto che uno non può decidere per un altro. Poi che credo sia stato importante esserci. Non capisco perché debba essere lasciato ad una parte politica la rappresentanza di una realtà composita. Io e il sindaco Moratti abbiamo fatto bene ad essere lì e a esprimere concetti che anche il presidente del consiglio Berlusconi ha espresso».
Senza contare che il giorno prima il presidente Napolitano aveva parlato di unità e condivisione dei valori della Resistenza, aldilà delle divisioni politiche.
«La Resistenza non appartiene a una parte. Nella lotta per la Liberazione c’erano cattolici, socialisti, liberali. Bisogna riportare a verità storica il fatto che il partito comunista ha fatto propria la festa del 25 aprile. Dopo 65 anni, va riaffermato il contributo di tutti e se non si capisce questo, allora vuol dire che sono passati invano..».
Tra qualche giorno ci sarà anche l’anniversario della morte di Sergio Ramelli, il giovane missino ucciso 35 anni fa da un commando dell’ultrasinistra. L’istituto Molinari ha deciso persino di sospendere le lezioni nel giorno del ricordo, piuttosto che creare tensioni. Lei parteciperà alla commemorazione?
«Penso di sì. Ho cercato la responsabile regionale della scuola per capire quali sono i campi leciti o no della sua decisione. Ma non sono riuscito a trovarla. Credo non si possa chiudere una scuola per impedire una manifestazione in ricordo di un ragazzo ucciso per le proprie idee».
Un’ultima domanda, tra una settimana ci sarà il corteo del Primo maggio. Dopo quello che è successo l’altro giorno, cosa si aspetta?
«Credo siano due manifestazioni con significato molto diverso.

E quest’anno la festa dei lavoratori ne avrà uno molto particolare. Credo che l’Italia meriti molto di più della violenza di una minoranza infinitesima. Se 65 anni fa si moriva per la libertà di pensiero, beh allora non dovremmo nemmeno farci queste domande».

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