«Non mi danno la casa? Vivo in autogrill»

Il senso di questa storia è scritto su uno dei pannelli che mettono accanto alle pompe di benzina: «Qui si accetta» e sotto l’elenco delle carte di credito. Oppure su quell’altro, vicino al primo distributore: «Benvenuti nella riserva dell’automobilista protetto. Night and Day». Tangenziale ovest, un chilometro e mezzo da Milano. La prima area di servizio in direzione dell’autostrada A7 verso Genova. Due stazioni per il rifornimento del carburante per auto e camion e il classico autogrill con bar e un piccolo spaccio alimentare. Qui su un camper bianco pieno di adesivi con mucche, papere e galli, si è arenato da qualche giorno Remo (e la sua cagnetta Sasha), in attesa di ricevere una casa popolare. Settant’anni, pensionato milanese, un passato a lavorare prima in un bar e poi negli imballaggi e i segni in viso di chi ha sbagliato un paio di passaggi cruciali nella sua vita. La separazione dalla moglie, una brutta malattia e gli ultimi tempi trascorsi a bordo di questa roulotte, l’unica casa che gli è rimasta da quando ha perso tutto con la fine del matrimonio.
«Ho abbandonato Milano perché il Comune ha abbandonato me. Fanno tanto per gli stranieri e gli extracomunitari, ma i vecchi devono soccombere». Prima, quando stava parcheggiato per strada in via Boeri, di fronte alla Cardinal Ferrari, lo svegliavano ogni notte per chiedergli i documenti e fare i controlli. «Si è riempito di rom. Ci prendono per zingari. L’altro giorno sono venuti i vigili e ci hanno detto: “Andate a lavorare, barboni!”». Barbone a lui, solo perché non può permettersi un appartamento? «Ma come si permettono. Siamo malvisti, ecco qual è la verità». Chi prende una pensione di 830 euro al mese come lui non ha diritto a nulla: niente tessera alla mensa per i poveri, niente tessera per i mezzi pubblici, niente invalidità. Mi scusi, e la casa? «Mi hanno cancellato 14mila punti e mi hanno tolto dalla graduatoria perché avevo la residenza in un alloggio del Comune intestato ad una signora che era abusiva. Io non lo sapevo, hanno contestato l’abusivismo anche a me». Giura Remo di avere tutte le prove per dimostrare che in quell’appartamento non ci ha quasi mai dormito, gli serviva solo come appoggio per farsi recapitare la posta. Passava le notti in camper. Inutile portare ancora una volta al Comune quelle carte, le pratiche viaggiano su canali diversi. «Aler e amministrazione non si sono incrociati, e i documenti che dimostrano che stavo in roulotte sono fermi negli uffici del Comune». Se tutto va bene, i cinque anni di «penalità» scadranno nel 2010 e allora potrà rientrare in graduatoria. «Chissà se sarò ancora vivo», scherza Remo. Ogni mese deve fare una puntura per evitare che gli torni il tumore alla prostata diagnosticato un anno fa. Ma poi ci sono anche tutte le conseguenze di un male così: la necessità di avere un bagno a disposizione, dell’acqua calda e un minimo di privacy e le medicine da prendere. «In via Boeri, dovevo andare fino al parco Ravizza. Caricarmi 80 litri d’acqua e tornare al camper. Ma i bagni lì adesso li hanno chiusi, e io alla mensa non posso entrare».
Qui si sta meglio, per modo di dire, ed è anche più sicuro che in città. Nessuno ti disturba, la mattina ci sono i gabinetti dove andare a lavarsi, fare il bucato. Il bar accanto per il caffè e la sera gli autisti dei camion che gli fanno compagnia.

Certo, non che si dorma bene con tutto quel rumore di motori. Ogni tanto passano anche i trans a picchiargli sui finestrini del camper. «L’è dura. Ma cosa posso farci? Sto fuori da Milano, finché il Comune non mi darà una risposta. Sono sicuro che qui nessuno mi darà fastidio».

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