«Non odio chi mi ha ridotto in carrozzella»

«Non odio chi mi ha ridotto in carrozzella»

Al giovane soldato afghano che qualche minuto dopo gli avrebbe sparato, provocandogli la paralisi dalla testa in giù per tutta la vita, Luca Barisonzi si era rivolto in maniera affabile, gentile, chiedendogli: «Come stai? Come va? Tutto bene?». Quindi si era offerto di aiutarlo a pulire l’arma che teneva in pugno. Due ragazzi insieme, sul fronte, a combattere una guerra decisa da altri, ingiusta per tutti. Così, quando dal fucile dell’altro partono due colpi, velocissimi, l’alpino 21enne prima cade in ginocchio poi si accascia, quasi stupito ma senza mai provare odio o rabbia. E da quel momento resterà sempre cosciente, presente. Subito, dinnanzi al terribile dolore fisico, primo e funesto segnale della condanna sulla sedia a rotelle; quindi, più avanti, davanti a quello più profondo per la perdita dell’altro Luca, il commilitone Sanna, che in quell’agguato, alle spalle di Barisonzi, perse la vita.
Sembra passato tanto tempo, ma non è nemmeno trascorso un anno da quel pomeriggio del 18 gennaio scorso quando l’alpino pavese (è nato a Voghera nel maggio del ’90) venne ferito a Bala Murghab, sulla Ring Road, in Afghanistan, dov’era andato in missione di pace. Da allora per lui, soldato per vocazione, sono cambiate tante cose. Dopo un ricovero al reparto unità spinale dell’ospedale Niguarda e un altro in un centro di riabilitazione svizzero, ha dovuto accettare l’impossibile: resterà immobile. E dovrà rivedere la sua vita futura sotto questa prospettiva che in molti si spaventerebbero solo a sentir nominare. Luca, invece, è un eroe vero e non si è mai perso d’animo, nemmeno per un momento, nonostante tutta la sofferenza che vive e dovrà vivere. E con l’aiuto dell’amica Paola Chiesa, docente e studiosa di storia locale laureatasi all’università di Pavia, ha voluto raccontare l’esperienza vissuta in Afghanistan nel libro La patria chiamò (Mursia editore). Il volume è stato presentato in anteprima ieri sera a palazzo Cusani, in via Brera 15, dove ha sede il Circolo ufficiali comando Esercito Lombardia. Insieme a Luca Barisonzi e a Paola Chiesa c’era il generale di brigata Camillo De Milato, comandante militare Esercito Lombardia. Inoltre erano presenti il generale di corpo d’armata Alberto Primicerj, comandante delle truppe alpine e Corrado Perona, presidente dell’Associazione nazionale alpini che di questo libro hanno scritto la presentazione.
L’opera è una raccolta di ricordi autobiografici che inizia dalla partenza di Luca per la missione di pace in Afghanistan come caporale volontario dell’8° Alpini, battaglione «Tolmezzo», il 10 settembre 2010. Da questo evento il soldato racconta i suoi sogni, le sue speranze, l’esperienza degli aiuti umanitari, l’incontro con il popolo afghano e con i suoi bambini, i rapporti con i compagni e la vita quotidiana fino al tragico ferimento. Colpisce in modo particolare l’appendice del libro nella quale la madre di Luca, la fidanzata, i commilitoni e gli amici parlano di lui, di come hanno vissuto l’agguato di cui è rimasto vittima e tutto quello che è accaduto dopo. Un tributo, stavolta non postumo, a un «eroe normale».


«Mi fa tenerezza la dedica del libro di Barisonzi - commenta il generale De Milato che stringe il volume tra le mani e cita a memoria -: “A Luca Sanna, l’uomo che mi ha addestrato, conosciuto, aiutato e che mi aiuta, giorno dopo giorno, a essere migliore. Grazie, per tutto quello che hai fatto”. Credo non ci sia altro da aggiungere».

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