Se Repubblica già immagina una specie di santificazione del Lìder Maximo in occasione della visita di Benedetto XVI, la ragione raccomanda prudenza. L’articolo di Marco Ansaldo, pubblicato ieri sul quotidiano romano, evoca da parte della Chiesa un «passo millenario» e lascia immaginare, con bella vena sentimentale, uno scenario degno di novantanove anni di pace: il Papa e Fidél, pressoché coetanei, potrebbero incontrarsi nell’occasione (anche se il protocollo non lo prevede, ma si sa che la famiglia è la famiglia) e chissà quale «scambio di parole e di sguardi» potrebbe correre tra loro, viste le tante voci relative alla definitiva conversione dell’antico Lucifero - scomunicato, ricordiamo, da Giovanni XXIII nel freddissimo 1962 - dopo una vita al servizio dell’ateismo. Nel retropensiero, abbastanza chiassoso, dell’articolo si legge in filigrana una parola, che è il vero fil rouge della questione: la parola «riabilitazione». Riabilitare chi? Che cosa? Il comunismo? È questo il «passo millenario»? Prudenza, amigos. Lo stesso Vaticano consiglia di abbassare i toni. In queste cose scomodare il Santo Padre è fuori luogo: il Lìder può confidare i propri travagli spirituali, anziché al Papa, «a un giovane prete che va a trovarlo e gli sta accanto». L’espressione non è casuale. Il «giovane prete» allude alla fioritura della Chiesa cattolica cubana e alla sua attuale insostituibilità in quella società. Inoltre, a questo prete si domanda di andarlo a trovare e di stargli accanto. La Chiesa conosce bene la natura dell’uomo, e sa che certe vie, pur imboccate con le migliori intenzioni, necessitano di un sostegno. Perfino i miracoli - come ricorda l’episodio evangelico dei Dieci Lebbrosi (Lc. 17, 11-19), tutti guariti ma di cui uno soltanto tornò a render grazie a Gesù - hanno bisogno di una grande lealtà con sé stessi, di cui gli uomini da soli non sono capaci. Perciò, proprio per la gravità del problema, è necessario un accompagnamento assiduo e discreto, e non bastano «parole» e «sguardi», anche se sono le parole e gli sguardi del Papa. Non procediamo a santificazioni sommarie: a quello ci penserà la Chiesa, se dovrà pensarci. Piuttosto, l’immaginazione è attratta, più che dai passi millenari, da una vicenda che, se confermata, ha un sapore antico. Le cronache medievali parlano spesso di efferati mascalzoni, che dopo aver gozzovigliato e fornicato per una vita in barba ai Dieci Comandamenti e ai Precetti della Chiesa, vedendo avvicinarsi la Spilungona con la falce in mano fanno marcia indietro, e nella speranza di ottenere un trattamento di favore dall’Altissimo si prodigano in dure penitenze e generose donazioni. Il tono dei racconti in parola va dall’agiografico al sarcastico, come nella celebre novella boccaccesca, dove quel farabutto di Ser Ciappelletto recita così bene la parte del santo da essere poi dichiarato santo (primo esempio di «santo subito») a furor di popolo, fino a costringere lo stesso Dio, s’intende a malincuore, a concedere a quei babbei degli uomini le grazie che essi con tanto fervore chiedono al millantato santo. Il discrimine tra sincerità del cuore e convenienza politica è terribilmente difficile da individuare, tanto da lasciar pensare che esso non esista nemmeno, e che le due cose siano una sola. Astuzia, dolore, senso politico, paura si fondono insieme in un unico, vasto sentimento che non si può definire con una sola parola, anzi, spesso non arriva nemmeno a farsi parola, oppure assume la forma del ragionamento utilitaristico, come fa il Figliol Prodigo, che torna da suo padre perché gli conviene, visto che sta morendo di fame. Quale sia la «fame» di Fidél Castro, non lo sa nessuno di noi. Vecchio e malato, ma non stupido, egli penserà certamente a tutto quello che il suo potere ha prodotto in tanti anni di storia per milioni e milioni di persone. Sono queste le cose che contano. Le riabilitazioni lasciano il tempo che trovano.
Le santificazioni possono aspettare. Conta solo ciò che realmente sta accadendo all’uomo Fidél Castro, e che può essere confessato «a un giovane prete che va a trovarlo e gli sta accanto» nel tempo, nella durata. Dopodiché, vengano pure gli abbracci.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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