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«Non scherzo, Re Cecconi». Un libro riapre il caso

«Non scherzo, Re Cecconi». Un libro riapre il caso

Una morte assurda che tolse alla Lazio uno dei campioni della truppa di Maestrelli che arrivò fino allo scudetto. A 35 anni dalla morte del biondo centrocampista lombardo, ucciso da un colpo di pistola sparato in una gioielleria romana sulla Collina Fleming, un film inchiesta della Rai censurato e un libro verità di Maurizio Martucci riaprono il caso. Andando alla ricerca della verità su quanto accadde quel tardo pomeriggio del 18 gennaio 1977.
Il film «L'Appello - Il caso Re Cecconi», prodotto nel 1983 dell'emittente di Stato, non è stato mai trasmesso dal servizio pubblico televisivo per una lunga causa giudiziaria intrapresa e poi persa dalla famiglia del gioielliere che sparò al calciatore biancoceleste. Il girato, di circa un'ora, è per metà una ricostruzione del tragico evento con attori del calibro di Alessandro Haber, Stefano Davanzati e Andrea Occhipinti che interpretano i protagonisti della vicenda, e per l'altra metà racconta l'iter giudiziario contraddittorio con immagini di repertorio del tribunale e dei processi.
Il saggio di Martucci «Non scherzo, Re Cecconi 1977, la verità calpestata» (Edizioni Libreria Sportiva Eraclea, 10 euro) porta il lettore a capire, tramite la lettura degli atti processuali e alla luce di nuove ricostruzioni e testimonianze inedite, il clima dell'epoca e il modo in cui perse la vita Re Cecconi.
«Dopo 35 anni era giunto il momento di fare chiarezza, glielo dovevamo a lui, alla sua famiglia, agli sportivi e alla gente laziale che soffrì la traumatica scomparsa - così Martucci, già autore di testi su Gabriele Sandri e Vincenzo Paparelli -. Nel libro ricostruisco minuto dopo minuti la scena del crimine e faccio emergere tutte le contradditorietà di un processo celebrato e chiuso in soli 18 giorni con l'assoluzione del gioielliere Tabocchini. Libro e film corrono di pari passo, nessuno si è mai domandato perchè questa pellicola è rimasta censurata per tanti anni, ma forse il motivo è che mette in luce alcune zone grigie che ancora oggi offuscano la verità sulla morte di Re Cecconi. Cecco fu una vittima e basta, non un burlone che se l'era andata a cercare. E non sfidò affatto il destino con un gioco in stile roulette russa, visto che a casa l'aspettavano una giovane moglie, un figlio di soli 2 anni e una bimba di appena 6 mesi».
Paolo Lenzi, presidente di Lazio Family, ha organizzato un evento nella sala cinema dell'Anica per presentare la doppia iniziativa, evento al quale hanno partecipato il figlio di Re Cecconi, Stefano, il nipote Luciano, Mauro Mazza e Guido Paglia della Rai, il cui lavoro è stato prezioso per ripescare il documentario dalle teche dell'emittente pubblica e tanti ex compagni di «Cecco» come Wilson, Martini, D'Amico e Pulici.
«Re Cecconi era il più saggio, non dava confidenza agli sconosciuti figuriamoci se poteva inscenare una finta rapina ai danni di un gioielliere che non conosceva e non sapeva essere armato», così Luigi Martini. E il capitano della Lazio scudettata del '73-'74 Wilson ha detto commosso: «Luciano era l'essere più cristallino di quella squadra. Lo sapete tutti, all'interno dello spogliatoio eravamo due fazioni ben divise, ma unite da un unico uomo: Tommaso Maestrelli.

E il giorno della sua scomparsa era felice anche perchè stava per rientrare in campo dopo un infortunio di tre mesi».

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