La notte bianca di via Tortona «Ma che non diventi una sagra»

Rieccoci, canterebbe Tony Dallara, come prima più di prima nella dantesca notte bianca del Fuorisalone, gomito a gomito con una folla vociante e baldanzosamente armata del numero speciale di «Interni», i volti di tanto in tanto illuminati dai bagliori delle braci dove friggono quintali di salamelle. Nessuno protesta, anzi. La festosa tribù di ogni razza ed età si lascia trascinare paziente dall’onda che spinge tentando di intrufolarsi negli anfratti e nei capannoni industriali che, in «zona Tortona», ospitano colorate creazioni e mucchi di depliant da conficcare nelle borse di cotone. La parola d’ordine è una sola: esserci, soprattutto ieri sera che gli showroom promettevano la chiusura oltre la mezzanotte. Gli indirizzi sono un optional, in un festival dove buona parte delle location sono rigorosamente «temporary», vale a dire affittate a carissimo prezzo in qualsiasi bottega, e dove ogni azienda fa (giustamente) informazione pro domo sua. Ma stanotte fa lo stesso, perchè l’importante è godersi gli opening tra centinaia di bottiglie di Heineken e chaise longue da provare agli angoli delle vie. Tutti aperti fino a tardi, dunque, da via Savona a Lambrate. «Noi no» dice Gisella Borioli, che la Zona Tortona l’ha inventata dieci anni fa quando il suo Superstudiopiù, cittadella della creatività fondata con il marito Flavio Lucchini, iniziò a far concorrenza al Salone del Mobile. «Concorrenza è una parola grossa, semplicemente abbiamo iniziato ad accogliere espositori che sceglievano un’alternativa alla Fiera o magari erano in lista d’attesa». Ma ieri sera, verso le 22, La regina di Superstudiopiù ha chiuso la claire. «La notte bianca del design rischia di diventare la sagra della porchetta e, francamente, preferisco proteggere la qualità dei miei espositori e di chi è qui soprattutto per lavorare». Nessuno snobismo, giura. Semplicemente una popolarità che rischia di sfuggire di mano e trasformare un evento culturale in caciara. Anche perchè, oltre ai poli di eccellenza, la fuffa è tanta e l’informazione poca. I poli sono di coloro che per primi hanno seguito le orme di Superstudiopiù, ovvero Design Village di via Savona 56, il Gruppo Charme di Montezemolo di via Savona 25, Fondazione Pomodoro di via Solari 35 che ospita il design di Saporiti Italia e «Tortona 37» di Matteo Thun. «Oltre a noi -dice la Borioli- ci sono quattro o cinque showroom permanenti che fanno vivere il design nel quartiere anche durante il resto dell’anno e non soltanto in questa settimana dove la gente trova comodini e rubinetti anche nelle carrozzerie». Va detto che Tortona, da «zona d’avanguardia», è diventata in questi anni sempre più la vetrina dei big come Cappellini (tra i primi a preferire Superstudio al Salone), mentre i giovani designer europei hanno preso casa a Lambrate. «Per carità, la veste popolare che ha assunto il Fuorisalone non mi dispiace affatto -continua la Borioli che nei suoi capannoni ospita in questi giorni una cinquantina di aziende- anche perchè può aiutare a migliorare il gusto del pubblico. Sembra incredibile ma soltanto il cinque per cento delle case italiane è arredata con design contemporaneo, come se andassimo tutti in giro vestiti con abiti dell’Ottocento...».

La notte bianca del design è ancora giovane e, tra un giretto nell’Ortofabbrica di via Savona 37 e una vasca idromassaggio al Colour and Stones di via Tortona 37 c’è ancora spazio per un panino con la salsiccia. Fino al prossimo anno.

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