Mimmo Di Marzio
I nomi che hanno fatto grande il «modello Milano» dal Dopoguerra a oggi non sono solo quelli dei grandi capitani dindustria, da Falck a Pirelli, dei maestri delleditoria come Rizzoli, Mondadori e Feltrinelli o dei guru della moda come Armani o Versace. Altri nomi hanno avuto il merito di dar vita a una tradizione tutta milanese ma che ha rappresentato un faro a livello nazionale ed europeo. È la scuola medica e chirurgica dellUniversità di Milano fondata da grandi maestri e dai loro epigoni che hanno saputo non soltanto rinnovare le armi contro le grandi patologie del secolo, ma anche proporre nuovi e moderni modelli assistenziali.
Emilio Trabucchi, Guido Oselladore, Giuseppe Pezzuoli, Anton Spartaco Roversi, Roberto Klinger sono solo alcuni dei personaggi ricordati dallautobiografia del professor Walter Montorsi («Vita di chirurgo», Laterza), che per quasi trentanni ha diretto gli Istituti di chirurgia del Policlinico e di cui oggi ripercorre traguardi e aneddoti. Fin dai tempi in cui, era appena terminata la guerra, approdò giovane studente da Modena alla scuola di Farmacologia diretta da Emilio Trabucchi, che a quel tempo si era appellato alla nascente industria farmaceutica per ricostruire il distrutto istituto di Farmacologia. «Avevo avuto la fortuna di poter seguire nel 47 da Modena a Milano il mio nuovo maestro - scrive Montorsi - pur avendo ben presente e fisso il mio proposito di fare il chirurgo». Un sogno che divenne realtà allorquando, solo due anni dopo, divenne assistente di Guido Oselladore, luomo che avrebbe trasformato il vecchio padiglione Monteggia del Policlinico nel più moderno e importante Istituto di chirurgia generale italiano. In quel padiglione Oselladore e i suoi assistenti svilupparono il primo servizio per le ricerche sui trapianti dorgano e un servizio specialistico per la chirurgia sperimentale e la nascente chirurgia.
Gli studenti, per la prima volta, potevano assistere agli interventi operatori attraverso i grandi monitor di unaula da 500 posti fatta costruire dal direttore. Ma ciò che fin dallinizio contraddistinse il nuovo polo milanese «fu lattenzione alla figura del malato e i suoi diritti, dei quali si cominciava solo allora a parlare: una visione moderna, che anticipava il modo di pensare dei chirurghi futuri». Oselladore, ricorda Montorsi, fu colui che tra i primi, nel 1950 seppe individuare la necessità del riconoscimento ufficiale delle moderne specializzazioni chirurgiche e ne patrocinò lintroduzione alla Statale.
Tra i suoi allievi, fu Montorsi a raccogliere il testimone. Dalla fine degli anni 60, sotto la direzione della sua scuola, Milano divenne un polo di eccellenza per la chirurgia gastro-esofagea e per i trapianti di fegato, e il Padiglione Monteggia divenne anche sede del primo Centro universitario della Grande Obesità dove dal 74 in poi vennero sperimentate le prime terapie chirurgiche. «Il Policlinico di Milano - ricorda - divenne in quegli anni meta del pellegrinaggio di grandi obesi provenienti da tuttItalia. Non mancano aneddoti curiosi, come quando il direttore della Clinica chirurgica scoprì che i pazienti in attesa di intervento solevano organizzare banchetti notturni nelle cucine dellospedale. Erano quelli anche gli anni in cui il concetto di management in sanità iniziava a fare timidamente capolino, anche se le prime sponsorizzazioni dellindustria venivano viste con una punta di diffidenza da parte degli accademici.
Montorsi ricorda il giorno in cui fu incaricato di organizzare il primo convegno mondiale di discipline chirurgiche e oncologiche. Grande entusiasmo ma anche preoccupazione per la necessità di fondi, fino a quando giunse unofferta strabiliante anche se anomala per quei tempi. Un industriale della moda mise sul tavolo 5 miliardi in cambio dei diritti esclusivi sullimmagine dellintero convegno.
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