Nozze Suez-Gdf: a Bruxelles una raffica di no

Nessuna concessione francese ai dubbi della Ue: saranno cedute solo attività marginali, non Distrigaz. Porta chiusa all’Enel

Paolo Giovanelli

da Milano

Suez e Gaz-de-France hanno scelto la politica del muro contro muro nella battaglia per l’energia, abbinato a offerte di pace verso Enel, ma solo a fusione avvenuta. Per intanto dicono «no» alla Commissione europea alla quale ieri hanno inviato le lettere per rispondere alle riserve avanzate sui problemi di concorrenza innescati dalla fusione tutta francese. Ed è infatti Bruxelles il fronte più difficile che i due gruppi energetici devono affrontare, in attesa comunque del responso degli azionisti che arriverà a dicembre. E all’Ue ieri Suez ha praticamente chiuso la porta in faccia, dichiarandosi disposta a cedere, dopo la fusione, la seconda società elettrica belga, Spe, in cui Gdf ha una partecipazione del 25 per cento. Ma si terrà ben stretta il controllo di Electrabel, numero uno in Belgio. Né è disposta a cedere Distrigaz, i rigassificatori e neanche una parte delle centrali nucleari. Chiaramente la scelta francese è quella di passare all’attacco in vista di una difesa di fronte a una Commissione che, almeno a parole, ha detto di non essere disponibile a fare sconti.
Fonti francesi ieri hanno detto al Giornale che «Suez non è disposta a cedere alcunché di strategico perché non ne esistono le condizioni: la Commissione deve solo valutare che non venga turbata la concorrenza esistente, non è invece compito suo intervenire per migliorarla».
Verso Enel, Suez adotta invece la politica del bastone e della carota: da un lato dice seccamente di non essere disposta a cedere alcuna partecipazione strategica, se mai potrebbe mettere sul mercato qualche quota di minoranza, senza comunque riservarla al gruppo italiano. Dall’altro fonti vicine a Suez mostrano grande interesse a una collaborazione «a partire dal luglio 2007» e non dal 2009 come si è detto recentemente. Collaborazione che dovrebbe coinvolgere gas ed elettricità, ma solo dopo la fusione tra Gaz de France e Suez. E questo ha una logica molto chiara: oggi Enel ha una capitalizzazione intorno ai 44-45 miliardi di euro. Quella di Gaz-de-France è di 23 miliardi, quella di Suez di 27. Insieme fanno una cinquantina di miliardi, superando quindi Enel, ma da sola Suez è ben inferiore al gruppo guidato da Fulvio Conti. Non solo: i fondi che stanno contestando la fusione Suez-Gdf danno una valutazione delle attività di Suez nel settore ambiente pari a 15-20 miliardi, mediamente intorno ai 18. Se si prendono per buone queste cifre le attività elettriche di Suez (che comprendono circa l’8% del mercato francese, più Electrabel) valgono da un minimo di 7 miliardi a un massimo di 12, con una valore medio di 9. Solo sommando l’elettricità di Suez e il gas di Gdf si va a una trattativa che parte su un piano di relativa parità. Anche perché, sottolineano in ambienti vicini a Suez, di fronte a colossi come Edf e la nascente E.On-Endesa, sia Suez sia Enel hanno bisogno di crescere per non restare distaccati come dimensioni.

Mezzo ramoscello finale di ulivo per Enel, quindi. Ma «solo per collaborazioni, non per fusioni». Sempre che l’Ue non obblighi Suez a cedere attività importanti. E sempre che nel gioco non entri Rwe: non sarebbe una sorpresa.

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