Maturità alla prova Babele. Latino certo, ma sui banchi - per la seconda prova scritta - anche i vocabolari di francese, inglese, spagnolo e tedesco. Ma quest’anno la vera novità parla cinese. Quindi non solo le lingue comunitarie più diffuse, ma una storica apertura ad Oriente che si aggiunge alla porta già spalancata in passato a russo, ebraico e arabo. A cimentarsi nella prova di lingue non sono stati solo gli studenti dei licei linguistici, ma anche tutti i maturandi degli istituti tecnici e professionali per i quali il piano di studio prevedeva questo tipo di opzione.
«La presenza sempre più diffusa di queste materie tra le prove scritte d’esame - spiega il ministero della Pubblica istruzione - vuole sottolineare l’importante ruolo delle lingue straniere per la formazione dei giovani e nel processo di allineamento del nostro sistema educativo a quelli europei».
Ma in un sistema di relazioni sempre più globalizzato, anche l’Europa rischia di apparire un ambito troppo angusto. Nasce da qui l’esigenza di aprirsi al resto mondo; di cui cinese, russo e arabo rappresentano le imprescindibili anime parlanti.
Il cinese è stato di scena ieri al liceo classico Pigafetta (indirizzo sperimentale linguistico) di Vicenza e al civico liceo linguistico Manzoni di Milano. I candidati hanno potuto scegliere tra due opzioni: rispondere a cinque domande relative a un testo di letteratura oppure rispondere a un analogo numero di quesiti su un tema di attualità.
La lingua cinese si sta quindi diffondendo anche nelle nostre scuole e la prova scritta all'esame di maturità ne è la riprova. E, inevitabilmente, la memoria corre al profetico film di Marco Bellocchio del 1967, «La Cina e vicina»: titolo - quarant’anni fa - che sembrava una provocazione; oggi quel Paese «irraggiungibile» è entrato di prepotenza nelle nostre metropoli. I cento studenti che ieri nelle varie scuole italiane hanno sostenuto la prova di cinese sono le avanguardie di un futuro sempre più intrecciato agli «altri», a prescindere dalle nazionalità di appartenenza.
«Attualmente i corsi di cinese nei licei italiani sono 17, di cui la maggior parte attivati come terza lingua alcuni anni fa - spiega Giuseppe Polistena, preside del Liceo linguistico Manzoni di Milano -. Gli studenti che adesso frequentano il quinto anno sono pochi, ma sono in aumento esponenziale le recenti iscrizioni al cinese come seconda lingua». E lo stesso trend riguarda le iscrizioni per i corsi linguistici di arabo, e russo. Un piano in più nell’ideale Torre di Babele che la scuola sta costruendo per i suoi giovani in aggiunta alle «normali» lingue comunitarie. Esplicite le raccomandazioni che provengono dalla Commissione europea sul multilinguismo: «La scuola deve puntare su arabo, cinese, giapponese e russo, creando parametri di riferimento paneuropei». E gli italiani sembrano essersene accorti: oltre 350mila gli universitari che hanno inserito nel proprio piano di studio il cinese; 280mila il giapponese e 230mila il russo e 200mila l’arabo.
Uno sforzo apprezzabile, considerato che quello cinese è uno degli idiomi più distanti dal nostro ceppo indoeuropeo: mentre infatti l'italiano ha un alfabeto da mettere al servizio delle parole, il cinese si basa su un complesso sistema di caratteri grafici (ideogrammi) funzionali più a concetti generici che a termini specifici.
Intanto le scuole italiane si guardano allo specchio vedendosi sempre più con gli occhi a mandorla. La preside della scuola Mascagni di Prato, Laura Papini, spiega che il numero di alunni di origine cinese è destinato ad aumentare: «Nell’anno scolastico 2007-2008 le iscrizioni hanno avuto un incremento del 15%».
Alba Ianniciello e Giovanna La Montagna oggi hanno 43 anni, nel 1984 erano le prime due maturande italiane a sostenere la prova scritta di arabo.
Nuovi piani sono in costruzione sulla Torre di Babilonia.
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