La nuova vita del 2 giugno, la festa ripescata

Dagli splendori degli anni Cinquanta e Sessanta alla abolizione del 1977 fino alla riabilitazione voluta da Ciampi

da Roma

I pennacchi rossi dei carabinieri, le facce da duri dei paracadutisti della Folgore, quelle più aggraziate delle infermierine, la folla che applaude sotto la pioggia. «È stata una festa bellissima, straordinaria», commenta raggiante Giorgio Napolitano mentre sale sulla Flaminia scoperta che lo riporta al Quirinale, scortato dai corazzieri a cavallo. E Ignazio La Russa: «Dobbiamo essere fieri del legame saldo tra il popolo e le Forze armate. C’è consenso, al di là dell’alternarsi dei governi, intorno a un’idea nuova di patria, più moderna, efficiente e partecipata».
Grandi numeri: 7.200 persone, 234 bandiere, 97 moto, 137 jeep, 31 mezzi speciali, 217 tra cavalli e cani. Grande entusiasmo dei cittadini. E grandi dimensioni, come il gigantesco tricolore srotolato dal Colosseo dai Vigili del fuoco. Tutti pazzi per la parata. Eppure, solo pochi mesi fa, ancora la contestavano. Solo nel 2005, i pacifisti avevano organizzato una sfilata alternativa, un corteo antimilitarista al Circo Massimo. Solo l’anno scorso, il presidente della Camera Fausto Bertinotti si era presentato sul palco con il simboletto arcobaleno all’asola della giacca, mentre l’ex senatrice di Rifondazione comunista Lidia Menapace chiedeva a gran voce la messa a terra delle Frecce tricolori: sì, proprio loro, la pattuglia acrobatica, il pezzo forte della rassegna, la ciliegina finale attesa da tutti con il naso in su. Invece eccoli, quei pazzi volanti che raccolgono applausi e attestati in tutto il mondo.
E a un certo punto, nella seconda metà degli anni Settanta, la sfilata del 2 giugno l’avevano pure abolita. Costava troppo, dicevano: erano gli anni della grande crisi petrolifera e all’epoca si tagliava su tutto. E poi, sostenevano, la parata è una cosa vecchia e fuori dal tempo: che cos’è questo sfoggio inadeguato di militarismo? Infine, sollevavano problemi di ecologia e di tutela dei monumenti: carri armati e cingolati inquinano l’aria e rischiano di far cadere le delicate vestigia della Roma classica. Così, in un primo momento, la rassegna militare fu allontanata dal cuore archeologico della Capitale e spostata sul meno pericolosa viale Aventino. Poi fu cancellata.
La sfilata ha quindi una storia piuttosto turbolenta. Dallo splendore degli anni ’50 e ’60, alla prima soppressione nel 1976, come segno di rispetto per le vittime del terremoto del Friuli: al suo posto, la deposizione della corona al Milite Ignoto. Nel ’77 la parata fu sostituita da una breve manifestazione in piazza Venezia con una brigata con 47 compagnie in rappresentanza di tutte le Forze armate. Eliminata per l’austerity tra il 1977 e il 1982, la rassegna tornò nell’83, ma si svolse sull’itinerario Aventino-Porta San Paolo. Dopo un anno ai Fori Imperiali, tra l’84 e l’89 venne rispostata tra via dei Cerchi e le Terme di Caracalla: intanto la festa della Repubblica era stata trasferita dal 2 giugno prima domenica del mese. Nell’89 il punto più basso: niente sfilata, solo una mostra storico-rievocativa a Piazza di Siena.
Nuovo ritorno ai Fori nel ’90 e ’91, nuova soppressione fino al 2000.

Il cambio con l’arrivo sul Colle di Carlo Azeglio Ciampi, che decise subito di dare al suo settennato un’impronta di riconciliazione e di unione sociale: le Forze armate, in questo quadro, erano considerate un collante essenziale della nazione. E oggi, come dice Napolitano, i militari «sono circondati dall’affetto dei cittadini, dei quali sono espressione diretta».

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