Nuove frontiere

Tornare a parlare grazie a un’interfaccia cervello-computer

Potere comunicare con il mondo pure essendo paralizzati è il risultato del lavoro di un gruppo di ricercatori dell’Università della California grazie a un’interfaccia cervello-computer: un’impresa che apre un’epoca

Tornare a parlare grazie a un’interfaccia cervello-computer

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Riuscire a parlare di nuovo grazie a un’interfaccia cervello-computer

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Potere comunicare con il mondo pure essendo paralizzati. In estrema sintesi è quanto ha reso possibile un gruppo di ricercatori dell’Università della California grazie a un’interfaccia cervello-computer: un’impresa che apre un’epoca e che è stata descritta con dovizia da Nature.

Un’intelligenza artificiale traduce i segnali cerebrali e, tramite un avatar, restituisce parole ed espressioni facciali.

I test effettuati certificano che l’uomo ha superato una soglia inimmaginabile soltanto qualche anno fa e che aziende private dotate di capitali ingenti non sono riuscite ancora a superare, come insegna la storia di Neuralink, società capitanata da Elon Musk che vuole fare altrettanto e che ormai da anni è incagliata nelle sperimentazioni.

Si tratta di una prima mondiale che contribuisce definitivamente a rompere ogni indugio e che ha il merito di potere attirare capitali, conoscenze e l’interesse delle autorità sanitarie.

L’addestramento dell’AI e l'interfaccia cervello-computer

Le Intelligenze artificiali (AI) devono essere addestrate ed è un lavoro lungo, paziente e minuzioso dal quale risulta la qualità della stessa AI. Nel caso specifico è stata applicata su un’area del cervello vitale per la comunicazione una pellicola sottile con 253 elettrodi deputati a intercettare l’attività elettrica del cerebro.

La donna, colpita da un ictus 18 anni fa circa, ha partecipato attivamente all’addestramento degli algoritmi facendo in modo che l’AI riconoscesse la propria attività cerebrale.

Il funzionamento dell’AI è stato poi ottimizzato sviluppando un algoritmo capace di sintetizzare la voce usando come campione quella della donna stessa, ricorrendo a un video girato prima che l’ictus le togliesse la parola.

Le espressioni facciali sono invece emulate grazie a un software che simula il movimento dei muscoli del volto, sincronizzandoli con quelli del viso della donna. Oggi l’avatar, che è ancora in uno stato pressoché embrionale, riproduce un numero limitato di espressioni ma siamo agli albori di una tecnologia di importanza vitale e che deve ancora crescere per essere utilizzabile su ampia scala.

Cosa succederà in futuro

Pure non avendo la sfera di cristallo, è sensato immaginare che – con appropriati investimenti – ci sarà uno sviluppo di algoritmi tale da rendere sempre meno lunga la fase di addestramento di queste Intelligenze artificiali e, allo stesso modo, gli avatar saranno in grado di riconoscere e codificare un numero maggiore di espressioni facciali.

È caduto un muro e ora la strada è in discesa, una strada ancora lunga che però potrà essere percorsa a una velocità crescente se ognuno farà la propria parte: ricerca, sviluppo e regolatori.

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