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Obama «regala» agli amici gli spot sulla riforma sanitaria

Non c'è pace per Barack Obama: anche ad agosto i feroci attacchi dei suoi avversari repubblicani e qualche ingenuità lo hanno costretto a improvvise giustificazioni e a un tour de force fra i municipi di piccole cittadine per spiegare la sua tanto discussa proposta di riforma sanitaria. Su cui, tanto per cambiare, si sono abbattute due nuove tegole: da un lato Obama è sotto tiro perché la campagna informativa sulla riforma viene fatta dalla Akpd Message and Media, compagnia di comunicazione fondata e poi lasciata da un suo stretto consigliere, David Axelrod; dall'altro la consapevolezza, espressa anche dalla Casa Bianca, che le speranze di un accordo con l'opposizione sono tramontate e che il presidente potrà contare solo sui voti democratici.
Voti che sulla carta sarebbero più che sufficienti: in entrambi i rami del Congresso il partito dell'Asinello dispone di una maggioranza sufficiente a evitare l'ostruzionismo repubblicano, grazie anche agli ultimi cambi di casacca al Senato, che hanno portato i democratici ad avere 60 dei 100 senatori totali. Eppure, nonostante questo vantaggio, fra le file obamiane serpeggia il nervosismo, al punto che dalla Casa Bianca è arrivata appunto la previsione che sarà necessario fare da soli, con una chiara accusa: «Saremo costretti dal comportamento repubblicano». «Hanno deciso che battere Obama sulla riforma sanitaria è più importante che risolvere i problemi che gli americani incontrano ogni giorno con le assicurazioni», ha tuonato Emanuel Rahm, il capo dello staff della Casa Bianca. Accuse che sono state agevolmente respinte al mittente per bocca di Ken Spain, portavoce della Commissione nazionale repubblicana. «Accusare il Grand Old Party è ridicolo - ha ironizzato -. Avere una maggioranza a prova di "pirati" (l'equivalente dei franchi tiratori), un vantaggio di 40 seggi alla Camera bassa e un presidente che è straordinariamente popolare non basta. Forse se alla gente piacesse questa proposta, non ci sarebbero tutte queste difficoltà per un voto bipartisan».
Al centro del dibattito degli ultimi giorni, tenuto fra televisioni e piazze, c'è la "public option", ovvero la possibilità di optare per un'assicurazione sanitaria statale. Obama ritiene che sia necessario avere un concorrente alle polizze private e nella sua proposta dovrebbe essere l'amministrazione a farsi carico di crearlo, ma proprio su questo punto la spaccatura con i repubblicani si è fatta insanabile e anche i Blue Dog, i 52 democratici di centro, sono fortemente dubbiosi e temono che una mossa del genere potrebbe pesare eccessivamente sui conti e sul deficit statunitense, già molto cresciuto durante la crisi economica.
In questa situazione già compromessa si inserisce il caso Axelrod e il fatto che 12 dei 24 milioni di dollari stanziati dagli "alleati" della Casa Bianca per comprare spazi pubblicitari che spiegassero la riforma ai cittadini siano andati a una società così apertamente collegabile a uomini vicini a Obama è stato foriero di nuovi attacchi, anche perché nella compagnia gioca ancora un ruolo di primo piano il figlio del consigliere presidenziale. E soprattutto perché fra questi "alleati" c'è il gruppo Hen (Healty economy now), di cui fa parte la Phrma (l'associazione dei ricercatori e produttori farmaceutici americani), una circostanza che, secondo i repubblicani, «solleva seri domande sull'opportunità che la lobby dei farmaci paghi molti milioni di dollari a un gruppo collegato a un consigliere anziano del presidente».


Lo stesso Obama negli ultimi sondaggi ha perso altri punti di gradimento, scendendo, secondo alcune rilevazioni, sotto i 50 punti.

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