Oggi la «lotteria» del Senato Di Pietro minaccia la sfiducia

Gianni Pennacchi

da Roma

«Basta con questa storia», sbotta Francesco D’Onofrio, «non ci sarà alcun “soccorso bianco”, così come non c’è mai stato. Il governo avrà certamente la fiducia, ma grazie ai senatori a vita. E semmai è questa, l’anomalia». Così, in forza di legge ma non in virtù della maggioranza dei senatori eletti in Italia, come lascia intendere il capogruppo dei senatori Udc, oggi Romano Prodi incasserà la fiducia nel ramo del Parlamento ove il margine è assai ristretto. Ma se oggi sarà ancora festa per i vincitori del 9 e 10 aprile, si profila già la guerra quotidiana di lunga durata, proprio qui al Senato, dove la Cdl ha la possibilità di bloccare maggioranza e governo pressoché su ogni cosa. E se all’ora di pranzo il premier potrà dirsi appagato (alla Camera la strada è assai scorrevole, il centrosinistra conta una sessantina di deputati in più), il primo assaggio di vita dura si potrebbe avere il 6 giugno, quando al Senato si eleggeranno i presidenti delle Commissioni permanenti.
Oggi dunque, i 158 eletti con l’Unione al Senato (compresi quelli all’estero) voteranno la fiducia. Anche la «rivolta» minacciata ieri da Sergio De Gregorio e Fabio Giambrone, senatori di Idv, che invocano la resurrezione del ministero degli Italiani all’estero, è destinata a rientrare. È vero che i dipietristi sono cinque, dunque potrebbero causare un vero sconquasso, ma probabilmente Prodi dirà qualcosa nella replica che li cheterà, e poi è difficile che insistano sino a rovinare il loro leader che ha avuto le Infrastrutture. Poi l’indipendente italoargentino Luigi Pallaro che conferma il suo sì, bilanciando l’astensione del presidente Franco Marini. Quindi i senatori a vita: il voto perduto di Giorgio Napolitano è già rimpiazzato da quello di Carlo Azeglio Ciampi. Oscar Luigi Scalfaro è più che schierato, come Rita Levi Montalcini che è arzilla e presente. Giulio Andreotti ha annunciato che darà la fiducia a Prodi. Francesco Cossiga pure, ha preso la parola in aula riconoscendo il premier come «la persona più idonea» a gestire ora il paese. Silenti ma leggibili Sergio Pininfarina ed Emilio Colombo, a Prodi potrebbero andare i 164 voti raccolti da Marini. Accrescendone il peso, perché se i senatori di centrosinistra saranno tutti lì, sono probabili defezioni nelle file d’opposizione, che riconosce l’inutilità della battaglia odierna.
Si vanno però affilando le armi per la guerra di legislatura. Guerra che al Senato poggia su una base procedurale e numerica. Qui, la verifica del numero legale è più tagliente che alla Camera. Bastano 12 senatori d’opposizione a chiederla, e se gli altri loro colleghi escono dall’aula, pur tenendo conto dei congedi per missione la maggioranza deve essere in grado di sventagliarne almeno 140, per non sciupare la mattinata. Con questo sistema, nella scorsa legislatura il centrosinistra ha dato del filo da torcere alla Cdl che pure aveva una maggioranza di tutto riposo. Ora che le parti sono invertite, e il centrosinistra poggia la sua forza su un pugno di voti oltretutto anzianotti, l’opposizione può paralizzare qualunque provvedimento.
Infine i numeri. Nelle 13 commissioni permanenti, dove si svolge il lavoro preparatorio per l’aula, la maggioranza non ce la fa ad essere tale. I più ottimisti ne contano in pareggio tra 5 e 8. La Cdl conta di prevalere in 5. Il 6 giugno devono costituirsi ed eleggere i presidenti, e qualcuno nell’Unione suggerisce di andare allo scontro fidando nel pareggio ove vince il più anziano (categoria questa, che li vede prevalere). Altri sono più ragionevoli, come D’Alema che propone di dar la presidenza della commissione Esteri della Camera a Gianfranco Fini.

Perché in caso di dialogo e di accordo, quello delle presidenze di commissione diventa ovviamente un tavolo unico. Ma la Cdl ha voglia di dialogare? Pier Ferdinando Casini ribadisce che lui, il presidente di commissione non lo farà mai, e che l’opposizione ha da essere «senza sconti».

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