«Ogni donna vorrebbe essere dolce come Mimì»

Lo seppe con un’ora e mezza d’anticipo che toccava a lei sostituire la protagonista dell’opera (L’incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi). E non in un teatro qualunque, ma alla Scala. Correva il 1994, Carmela Remigio, soprano di Pescara, aveva 21 anni, una carriera a un passo dal decollo. Gli ingredienti c’erano tutti: bella voce, intelligenza interpretativa, fisique du role, stima di Pavarotti e del direttore Claudio Abbado. La Remigio dal 7 luglio sarà Mimì nella storica Bohème di Franco Zeffirelli affidata al ventisettenne Gustavo Dudamel, il direttore venezuelano adocchiato – anche lui – da Abbado.

Una volta tanto sarà veramente una Bohème di giovani.

«Giovani che lavorano sodo però divertendosi molto. Mi auguro che questo nostro brio nel fare musica si mantenga intatto fino all’ultima replica».

Che effetto le fa lavorare con un direttore così giovane?

«Quando hai di fronte un maestro non pensi all’età, ma all’idea musicale che comunica. È eccezionale vedere un uomo così giovane dotato di tale maturità artistica».

Lei e Dudamel siete due «scoperte» di Abbado.

«E tutti e due non smettiamo mai di cercare nella musica, questo approccio credo derivi proprio dalla scuola-Abbado».

C’entra ancora Mimì con la donna del Duemila?

«Oggi si è più aggressive e combattive, in realtà saremmo dolci e affettuose come Mimì se solo la società lo consentisse».

È cresciuta in una famiglia operaia. A maggior ragione, affermarsi non sarà stato semplice.

«Il doversi costruire ogni cosa giorno dopo giorno, il mettersi in discussione perché nulla ti è dato. Tuttavia ciò ha alimentato la forza di credere in me. Ho avuto una formazione che attribuisce grande valore alle cose: conquistate una a una, dunque apprezzate».

In questi giorni è uscito il Suo ultimo disco Decca. Un omaggio a Rossini, autore che non ha frequentato molto dopotutto.
«Perché non lo sentivo particolarmente vicino alle mie corde ed ero molto assorbita da Puccini e Mozart. Dopo sedici anni di carriera credo però che un artista debba guardare avanti e aprirsi ad altro».

Decca è pure l’etichetta di una grande cantante rossiniana come Cecilia Bartoli. Non teme raffronti?

«No perché la Bartoli è irraggiungibile, lei è Rossini. È un’artista che stimo molto e alla quale mi ispiro».

Per le serata di chiusura degli Europei di calcio, a Vienna si esibiranno alcune star del canto, da Domingo alla Netrebko.

«Mi fa piacere che la classica venga portata a una platea così vasta. Non è il luogo ideale, d’accordo, ma può essere un veicolo per attrarre pubblico all’opera. Mi spiace solo che quando queste operazioni venivano promosse da Pavarotti erano aspramente criticate».



Così come ha sollevato alcune polemiche la Carmen di Andrea Bocelli questi giorni a Roma.

«Chi vive nel classico difficilmente accetta questo tipo di flessibilità. Mi fa comunque piacere che Bocelli abbia voglia di studiare e debutti in un personaggio come Don José».

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