Cristiana ha sei anni. Suo padre l’ha vista l’ultima volta il 6 gennaio scorso. Avrebbe dovuto trascorrere con lei il fine settimana. La sua ex moglie gliel’aveva giurato: piuttosto che lasciarla con te porto la bambina in Sudamerica. Non si sa se Cristiana sia davvero in Sudamerica, ma lei è una dei 48 minori scomparsi in Lombardia (la maggior parte a Milano) nei primi tre mesi dell’anno. Un numero altissimo, uno ogni due giorni, di un fenomeno complesso che negli ultimi tre anni ha triplicato le sue cifre. Perché se le denunce di scomparsa di minori in Lombardia erano 52 nel 2007, nel 2009 sono arrivate a 155. Lo stesso trend che si riscontra nei dati nazionali: 308 denunce nel 2007, 1.033 nel 2009. Un numero che sembra destinato a crescere ulteriormente se (i dati della Polizia sono aggiornati al 16 marzo scorso) le denunce in Lombardia arrivano già a 48: 12 minori italiani e 36 stranieri scomparsi. Numeri che da soli non bastano a spiegare un fenomeno nel quale spesso a farla da padrone è la mancanza di documenti dei minori stranieri e l’impossibilità per la polizia di sapere da dove proviene il ragazzino e se abbia o meno la famiglia. "La maggior parte dei minori scomparsi riguarda stranieri che scappano dalle comunità - spiega Angela Ceccarelli, ispettore capo della sezione Minori alla questura di Milano -. Abbiamo casi di ragazzini di 11-12 anni dei quali non riusciamo neppure a sapere il loro vero nome, che hanno due pagine di alias. Finiscono in comunità perché sorpresi a rubare, ma da lì scappano. Il problema è che sono addestrati a farlo: le famiglie li preparano a questa eventualità e gli insegnano a scappare. Gli insegnano a scambiarsi fra di loro i nomi così da non poter essere identificati con certezza". In altri casi si tratta di minori che arrivano in Italia non accompagnati: in Italia, secondo i dati di Telefono Azzurro ne arrivano circa 7.700 l’anno, 1.500 nella sola Milano. È la Lombardia infatti a detenere il maggior numero di segnalazioni seguita dal Lazio, la Toscana, il Piemonte, l’Emilia-Romagna e il Friuli.
"Il fatto che molti di questi bambini non esistano li espone al rischio di tratta e sfruttamento sessuale, di sfruttamento lavorativo con l’accattonaggio e di riduzione in schiavitù", commenta Ernesto Caffo di Telefono Azzurro. "Il fenomeno comprende diverse tipologie - spiega ancora Angela Ceccarelli -. Se un bambino è rapito da uno dei due genitori prendiamo contatti con il paese d’origine. Ma i paesi musulmani per esempio non aderiscono alla convenzione dell’Aia e noi abbiamo le mani legate. Abbiamo avuto il caso di una donna marocchina che è venuta da noi a denunciare il marito di maltrattamenti e percosse. Appena il marito l’ha saputo è sparito con i due bambini". E poi ci sono i bambini destinati all’accattonaggio. "A differenza dei Rom, i minori di etnia albanese e rumena vengono affidati dalle proprie famiglie ad organizzazioni criminali, per lo più di origine balcanica, che si occupano della loro collocazione in Italia - si legge nel rapporto della polizia sui minori scomparsi -. I bambini Rom, invece, sono sfruttati dalle stesse famiglie che, spesso, li "scambiano" fra loro. Accade frequentemente, infatti, che la famiglia di un bambino più volte fermato dalla polizia, lo rapisca per "affidarlo" ad una comunità di un'altra città, in cambio di un altro minore. In tal modo, è facile perdere le tracce del bambino. I minori per i nomadi, sono una fonte inesauribile di guadagno.
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