Oikos: «La Protezione civile gestisca l’emergenza rom»

Coinvolgere la Protezione civile nella gestione dell’emergenza campi nomadi a Roma «dal punto di vista sanitario, ambientale e della sicurezza». È la richiesta di Enzo Minissi, presidente dell’associazione di volontariato Oikos, secondo il quale «da troppo tempo si finge di ignorare il rischio ambientale che corrono gli occupanti dei campi e chi vi abita intorno, dagli incendi all’inquinamento delle falde idriche, alla proliferazione di ratti». «I nostri volontari stranieri che visitano i campi - prosegue Minissi - restano allibiti per le loro condizioni di degrado: gli stessi gruppi rom romeni, bosniaci o macedoni, nelle altre città europee sono ospitati in campi sosta che non è facile distinguere dai campeggi turistici per roulotte. Le condizioni dei campi configurano una condizione umana degradante ma anche un alto potenziale di rischio sanitario per la cittadinanza romana che vive accanto».
Il presidente dell’Oikos fa poi un esempio. «Nel XII municipio i campi sono collocati all’interno della Riserva Naturale di Decima Malafede, che comprende un bacino idrico di importanza primaria che confluisce nel Tevere costeggiando la Tenuta di Castelporziano e il potenziale inquinamento da essi generato non viene monitorato - spiega -. L’unico organismo che possiede le competenze per valutare e contenere rischi differenziati di questo genere e la Protezione civile che è stata sempre tenuta fuori dal problema dalle passate amministrazioni».
Una possibile spiegazione per il mancato coinvolgimento della Protezione civile viene da Alfonso D’Ippolito, segretario dell’Oikos: «Ogni anno il Comune paga una decina di milioni di euro a tre o quattro organizzazioni che si occupano di portare i bambini rom a scuola.

Si è preferito finanziare questi progetti “culturali” di cui beneficiano organizzazioni private ben caratterizzate politicamente, piuttosto che intervenire sulle condizioni igieniche, ambientali e sanitarie e questo definisce perfettamente il criterio che ha ispirato sinora le politiche di accoglienza dei rom». Dieci milioni che rappresentano una cifra venti volte superiore al bilancio dell’Ufficio comunale di Protezione Civile che avrebbe le competenze tecniche per monitorare il problema e arginare i rischi.

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