
Esistono gli «artisti cattolici» e gli «artisti». «Cattolico» è un aggettivo usato come diminutivo. Quindi Claudio Chieffo, per i critici, è stato un «cantautore cattolico»; gli altri, anche suoi amici ed estimatori come Francesco Guccini, non sono «cantautori comunisti» ma «cantautori» e basta.
Non è neppure un caso italiano. Prendiamo gli U2. All'inizio furono ferocemente osteggiati dalla stampa musicale inglese, che all'epoca, tra gli anni Settanta e gli Ottanta, aveva il potere di lanciare o distruggere una carriera. Gli U2 avevano due difetti: erano irlandesi, quindi provinciali per definizione; erano apertamente cristiani. Ci sarà un motivo per cui la evangelica canzone I Will Follow è l'unica da quasi cinquant'anni presente in tutti i concerti della band... Anche Bob Dylan fu «linciato» quando annunciò la sua conversione al cristianesimo. All'improvviso, il futuro Premio Nobel per la letteratura era diventato radioattivo. Ma qual è il problema? Il problema è che i cantautori cattolici non condividono il nichilismo (no future) e il materialismo (sesso, coca, macchine) d'ordinanza nel mondo del rock, dominato dal conformismo dell'anticonformismo.
Torniamo a Chieffo: autore di centinaia di brani, amato e cantato da migliaia di persone, ben oltre i mille concerti, un palco condiviso con Francesco Guccini in più di una occasione, un'amicizia feconda e creativa con Giorgio Gaber. Eppure non ha raggiunto una fama universale: troppo cattolico, in particolare troppo vicino a don Giussani e Comunione e liberazione. Peccato le sue canzoni siano universali (come il cattolicesimo), per niente clericali, talvolta felicemente ironiche, alla maniera di un Jannacci o di un Gaber. Freno a mano o La Gilera fanno sganasciare. Canzone del melograno fa pensare. Canzone degli occhi e del cuore commuove. Forte è la presenza di Dio, l'unica presenza che può mettere in prospettiva e dare un senso alla storia e alla Storia.
A proposito. Spesso i grandi cantautori fiutano l'aria e diventano «portavoce» di movimenti ai quali non appartengono. Sono piuttosto compagni di viaggio. Chieffo guarda invece le cose dall'interno. Ogni canzone dunque è una scommessa sulla propria vita.
Ora la figura di Chieffo è rievocata da Walter Gatti in La ballata di Chieffo. Storia di un cantautore (edito da Volontè & Co.). Una biografia molto attenta a collocare Chieffo e i suoi brani nella corretta cornice storica, non solo italiana e non solo musicale.
Oggi, al Teatro San Babila di Milano, il Centro Culturale di Milano propone La Ballata di Chieffo, una serata dedicata al musicista di Forlì scomparso nel 2007. Partecipano, tra gli altri, Walter Gatti e Massimo Bernardini. Interventi musicali di Benedetto e Martino Chieffo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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