Omicidi, il 90% con armi legali: «Troppe licenze a squilibrati»

Per non dover più dire: «Questo omicidio si poteva evitare». Un lavoro di prevenzione, perché il 90% dei suicidi e degli omicidi (non parliamo di criminalità organizzata, ma di violenze familiari) avvengono con armi detenute regolarmente. È quanto si propone di fare il gruppo Ricerca War (acronimo per «Weapons Assessment Risk» - Rischio di abuso di armi), che in collaborazione con l’Asl di Milano e la facoltà di Medicina della Statale ha avviato un’indagine senza precedenti: conoscere la formazione degli operatori sanitari rispetto a questa tematica e la loro capacità di gestione clinica di pazienti che detengano legalmente armi. Il progetto prevede la raccolta di dati, con la distribuzione per via telematica, che sta già avvenendo, di un questionario ai medici e agli psicologi di Milano. Quarantadue domande per conoscere «Con quale frequenza riceve richieste di certificazioni per detenzioni e porto d'armi da fuoco», ma anche se «Nella sua pratica professionale incontra pazienti le cui condizioni psichiche comportano una situazione di rischio legata alla detenzione di armi da fuoco?». L'indagine mira a scandagliare le conoscenze personali del problema: «Sente di avere un’adeguata formazione personale per gestire tali situazioni di rischio?». E ancora, quanto sanno i medici dei propri pazienti: «È informato dell’eventuale detenzione di armi da parte dei suoi pazienti?», «In quali casi sono consultati i familiari?», «Cosa fa in caso di paziente con disturbo psichico a rischio?», «Ha difficoltà nel rapportarsi con organi quali la prefettura e la questura?».
«Suicidi e omicidi con armi legalmente detenute sono riportati spesso con grande clamore dai media e fanno notizia per qualche giorno - spiega Carlo Alfredo Clerici -, ricercatore presso la sezione di Psicologia clinica della facoltà di Medicina in Statale e promotore del piano -. Meno spazio è dato invece alla prevenzione e alle possibilità di controllo della diffusione di questi fenomeni e dell’abuso delle armi». Anche la normativa è sepolta dalla polvere del tempo. Perché mentre si sta discutendo la possibilità di estendere l’utilizzo delle armi da caccia a partire dai sedici anni, val la pena di ricordare che per ottenere un porto d'armi a scopo ricreativo o venatorio è sufficiente un certificato medico spesso frutto di autocertificazione.
L’indagine i cui risultati saranno pronti fra qualche mese è frutto di una collaborazione scientifica interdisciplinare, organizzato dalla Sezione di Psicologia-Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche e della Cattedra di Criminologia Clinica della Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Milano con il contributo dell'ordine dei medici e psicologi e della Asl.
I dati: in Italia sono 4 milioni e 800 mila le persone che detengono armi o le utilizzano per scopi ricreativi o sportivi, per un totale stimato di 10-12 milioni di armi da fuoco. Di queste molte, troppe, finiscono nelle mani sbagliate, senza che nessuno riesca a impedirlo. Perché? «Purtroppo - risponde Clerici - non esiste ad oggi una formazione specifica dei clinici nei corsi universitari e specialistici.

Medici di medicina generale, psichiatri e psicologi psicoterapeuti si trovano a dover gestire situazioni cliniche di pazienti potenzialmente a rischio di suicidi o di omicidi senza poter accedere a informazioni sull’eventuale detenzione di armi dei loro assistiti. Ecco perché vogliamo fare in modo che tutti i medici sappiano come comportarsi».

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