Omicidio volontario per il "pirata" di Bollate

La Procura cambia il reato per il killer di Roberta Caracci, che guidava drogato e senza patente Alessandro Mega è ancora in carcere, il suo legale ricorre in Cassazione per ottenere i domiciliari

Non riempirà il vuoto che Roberta Caracci ha lasciato quella sera di fine ottobre quando un’auto le piombò addosso a centoventi all’ora mentre tornava a casa con la sua Cinquecento. Ma di sicuro la decisione presa dalla Procura di Milano, e resa nota in queste ore con la fine dell’inchiesta sulla morte di «Robertina», sembra rispondere al bisogno di giustizia che gli amici della ragazza hanno gridato dal gruppo di Facebook dedicato a lei. Alessandro Mega, l’operaio di pompe funebri che uccise Roberta, per la Procura deve rispondere non di omicidio colposo ma di omicidio volontario. Mettendosi al volante senza patente, drogato e impasticcato Mega sapeva - doveva sapere - che il suo gesto poteva avere conseguenze terribili. È una inchiesta condotta in silenzio e in fretta, quella del pubblico ministero Ester Nocera. Caso quasi unico, Alessandro Mega è rimasto in carcere per tutti questi mesi in attesa della fine dell’indagine. Il giudice Guido Salvini aveva convalidato il fermo e disposto la custodia cautelare in carcere. Inutilmente il legale di Mega, Giuseppe Lucibello, ha cercato in questi mesi di ottenere per il giovane almeno gli arresti domiciliari. Ultima mossa, un ricorso in Cassazione ancora in attesa di essere deciso. Ma proprio alla Cassazione, nelle settimane scorse, il pubblico ministero Nocera aveva inviato i primi risultati delle perizie. Sono le stesse perizie che ora, depositate agli atti dell’inchiesta, hanno portato ad appesantire bruscamente il capo d’accusa. La prospettiva ora per Mega è quella di restare in cella fino all’udienza preliminare e forse addirittura fino al processo. Un’asprezza cui non si assiste sovente, nel panorama - tragicamente affollato - delle inchieste sulle stragi della strada. Roberta Caracci - che gli amici chiamavano Robertina perché era minuta come una ragazzina - aveva ventiquattro anni, si era laureata lavorando, faceva la commessa al Decathlon di Baranzate: ma volava alto, non voleva fermarsi lì. Il suo volo venne spezzato la sera del 31 ottobre, all’uscita da una pizzeria. Alessandro Mega racconterà poi che era uscito precipitosamente di casa, salendo in auto anche se la patente gli era stata ritirata, per andare in ospedale a organizzare il funerale della mamma di un amico. Le perizie disposte subito dopo dimostrarono che aveva in corpo tracce di Thc, la sostanza attiva dell’hashish, ma anche di un potente calmante, lo Xanax: un tranquillante che Mega usava per fronteggiare la dipendenza da cocaina. Le nuove analisi svolte su ordine della Procura hanno anche confermato la violenza con cui l’auto guidata da Mega si andò a schiantare sull’utilitaria di Robertina, riducendola a un rottame e uccidendo la ragazza quasi sul colpo. Hanno confermato che aveva fumato droga e assunto farmaci.

E uno degli indizi decisivi è stato proprio il «bugiardino», il foglietto con le istruzioni trovato nella confezione di quei farmaci, che avvisa chiaramente che si tratta di un medicinale che agisce sulla psiche, che ritarda sensibilmente i tempi di reazione, e che non dovrebbe essere assunto prima di mettersi alla guida. Mega invece se ne infischiò. Per questo, dice ora la Procura, deve rispondere del reato di omicidio volontario.

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